20 OTTOBRE

Legge 40, la riforma dovuta

ZUFFA GRAZIA,

Nel clima di nuovi costituendi partiti (Pd), di rimescolamento di culture, di lancio di nuovi soggetti politici (la sinistra che s'ha da fare), i temi «etici» sono al centro, a volte sbandierati come la panacea per la rinascita della politica. Cominciamo a mettere alcuni punti fermi. Le prime mosse della partita si giocano intorno alla distinzione fra etica, o meglio fra etiche, e legge, oggi più travagliata che mai; e intorno a ciò che è definito come eticamente rilevante nel discorso pubblico. Per me la tutela della salute della donna e quella del nascituro hanno rilievo etico, per non dire che sono anche beni costituzionalmente protetti, che la legge ordinaria dovrebbe rafforzare, non contrastare. Eppure, dai dati sull'applicazione della legge 40, presentati il 17 ottobre alla camera dalla ministra Turco, emerge un quadro da vero far west della fecondazione assistita, secondo il vecchio adagio del «si stava meglio quando (a detta di alcuni) si stava peggio».
Rispetto alla situazione precedente alla legge, si registrano un minor numero di gravidanze e di bambini nati, mentre aumenta la percentuale di trattamenti che non giungono a buon esito. Avvengono più parti plurimi (dal 22,7% del 2003 al 24,3% del 2005), laddove negli altri paesi c'è una costante diminuzione di questo tipo di gravidanze più rischiose. Non c'è dunque da stupirsi del «fenomeno della migrazione delle coppie verso i centri esteri, non solo per avere trattamenti vietati dalla legge 40 (donazione di gameti o diagnosi genetica preimpianto), ma anche per ottenere l'applicazione delle tecniche con la più alta percentuale di successo possibile»: così recita la relazione del ministero.
Veniamo al nodo che la legge riconosce come l'unico davvero «eticamente sensibile»(a fronte di una evidente insensibilità verso gli aspetti succitati): la tutela della «dignità dell'embrione» da cui discende la produzione di non più di tre embrioni «da trasferire in un unico e contemporaneo impianto» e il divieto di congelamento degli stessi. Una prima conseguenza: c'è un tasso altissimo di ovociti scartati (51,1%), che non sono fecondati per non superare il numero di embrioni consentito. Ovociti che non possono essere ceduti ad altre donne, stante il divieto di donazione.
Un inciso: due mesi fa il Comitato di Bioetica ha votato a maggioranza una mozione di «condanna della compravendita di ovociti», mirante, dietro questo titolo, a stigmatizzare i rimborsi spese per le donne donatrici, vigenti in altri paesi (e praticati correntemente per ogni genere di donazione). Il problema dell'invasività del prelievo esiste, ma sarebbe almeno in parte risolto incentivando la cessione di ovociti da parte di donne che si sottopongono alla pratica per avere un figlio proprio, come accadeva prima della legge 40. Le presentatrici della mozione si sono guardate bene dall'accettare il confronto su questo punto (come su altri sollevati). Distrutti gli ovociti «gratuiti», esposte ai rischi della clandestinità le donne più «deboli» che decidono di donare, ma salvo il divieto: scherzi dell'etica.
Più in generale, le norme «a tutela della dignità dell'embrione» sono alla base della caduta di efficacia delle pratiche, della loro maggiore invasività, delle gravidanze più difficili, delle nascite più rischiose.
Si noti che in realtà il divieto di congelamento degli embrioni è stato già modificato dalle linee guida, che prevedono la crioconservazione non solo per causa di forza maggiore dovuta alla salute della donna (come dice la legge), ma anche quando «comunque un trasferimento non risulti attuato». Si stabilisce in pratica che l'impianto dei tre embrioni sia da ritenersi obbligatorio, ma non coercibile contro la volontà della donna (un certo numero di questi embrioni esiste, tanto che se ne sta occupando il Comitato di bioetica). Tutto ciò rende ancora più odioso l'articolo di legge, se mai fosse possibile. Da un lato, perché ne accentua il carattere di norma manifesto, a sancire il «diritto a nascere» anche a costo di degradare la donna a corpo-macchina (altro scherzo dell'etica); dall'altro, perché il contrasto fra la legge e le indicazioni applicative rende più arbitrarie le scelte del medico e più indifese le donne.
Da questi dati, una indicazione per modificare la legge emerge: eliminazione dell'art.14 (limiti all'applicazione delle tecniche sugli embrioni), del divieto di donazione di gameti, della proibizione della diagnosi pre-impianto: su questo la sentenza del tribunale di Cagliari, che ha consentito la pratica a una coppia di genitori, ha già aperto la strada.
Siamo ben al di qua di quella profonda modifica dell'impalcatura della legge che molte e molti di noi vorrebbero. Sarebbe però un primo atto di riforma, buono per riconquistare fiducia in questo governo e in questa maggioranza.

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