L'infinito processo sui presunti fondi neri creati da Mediaset attraverso l'acquisizione dei diritti cinematografici per la televisione potrebbe arricchirsi di un nuovo capitolo. Nel corso dell'udienza di ieri mattina presso la prima sezione penale del tribunale di Milano, i pubblici ministeri Fabio De Pasquale e Sergio Spadaro hanno mosso una nuova contestazione: il reato di falso in bilancio che vede imputati Silvio Berlusconi, Daniele Lorenzano, Frank Agrama, Fedele Confalonieri e Gabriella Galetto sarebbe stato perpetrato anche nel bilancio Mediaset dell'anno 2000 e non solo in quelli precedenti.
Sembrerebbe una questione secondaria, invece è di primaria importanza. Ora la palla passa al presidente della prima sezione, Edoardo D'Avossa, che dovrà decidere entro il 19 novembre in merito alla contestazione suppletiva dei pubblici ministeri. Si diceva dell'importanza della cosa perché tutto sembrava avviato verso la prescrizione (che sarebbe scattata il 20 ottobre). Qualora invece venisse riconosciuta valida la nuova contestazione i termini si riaprirebbero e ci sarebbe tempo sino al 20 ottobre 2008 per una eventuale sentenza di condanna.
Per Niccolò Ghedini, avvocato difensore di Silvio Berlusconi, si tratta di una contestazione infondata. «È un espediente processuale - ha detto il legale - che non trova aggancio nei dati reali perché Berlusconi non può avere avuto alcuna parte nell'approvazione del bilancio dell'aprile 2001». Analogo il tono di una nota di Mediaset in cui si «ribadisce per l'ennesima volta che tutti i bilanci della società sono stati redatti nella più rigorosa osservanza dei criteri di trasparenza e delle norme di legge» e che «i comportamenti dei suoi amministratori e dirigenti sono sempre ispirati alla massima correttezza».
Difficile immaginare dichiarazioni di diverso tenore. Ma i dubbi continuano a rimanere, ben aldilà della nuova contestazione. I passaggi vorticosi di ingenti somme di denaro si prestano a manovre poco chiare. Soprattutto di fronte a un mercato così aleatorio come quello dell'acquisizione dei diritti cinematografici. In pratica non esiste un prezzo definito, in questo modo - secondo l'accusa - attraverso diversi passaggi, si faceva risultare che Mediaset aveva sborsato cifre molto più consistenti di quel che effettivamente veniva ricevuto da chi cedeva i diritti. E dove sarebbe finità quella quantità di denaro? A costituire fondi neri all'estero utilizzabili in caso di necessità non sempre di cristallina trasparenza e correttezza.
Quello dei diritti televisivi e la creazione di eventuali fondi neri è uno degli snodi più importanti e decisivi (oltre che intricati) nei processi che sono stati intentati nei confronti di Silvio Berlusconi, perché da quel reato potrebbe essere stato creato un fondo parallelo servito per compiere altri reati.
Ora bisognerà aspettare il 19 novembre per sapere se questa nuova istanza verrà ritenuta valida e sino a quel giorno, un po' come per le faccende di calcio, ognuno tirerà l'acqua al suo mulino, chi definendo fondata la richiesta, chi rifiutandola sdegnosamente come escamotage processuale. Certo è che di escamotage vive questo come molti altri processi. La ricerca della verità sembra un optional. Forse ci siamo abituati proprio alla fiction, ai film che si svolgono nelle aule dei tribunali, con gli avvocati sempre in cerca di un espediente di qualsiasi tipo pur di consentire al cliente di farla franca. Naturalmente vale anche in questo caso, che pure prende le mosse dalla fiction e dal denaro sborsato per acquisirne i diritti. Solo che nella fiction alla fine i conti tornano. Nella realtà non sempre succede.