LA PAGINA 3

Precari di stato in fila per il posto

VERDE SIMONE,Roma

«Mi hanno preso il posto», lamenta Francesca. «Non ti preoccupare - le risponde la vicina - è incinta. Quella va in maternità». Siamo a Roma, nella scuola Cristoforo Colombo di via Panisperna, e in un vecchio teatrino cadente va in scena la lotta per l'assegnazione delle cattedre di matematica. Una scena che si ripeterà per tutto il mese di ottobre. Sul podio, dietro una scrivania, è insediata la commissione. La preside dell'istituto e due segretarie chiamano i precari uno a uno, annunciando ad alta voce i posti che vengono presi e che ciascuno provvede a barrare sulla lista scaricata da internet. I docenti nella sala sono tanti ma non sono tutti uguali. «Io sono tra gli ultimi - spiega Vanessa, giovane fisica - prima di me ci sono le prime due fasce, che hanno più punti di tutti, poi le surroghe. Infine noi, detti residui, gli ultimi della lista».

Un declino sociale
Scorrendo l'occhio sulle date di nascita, la sorpresa. L'età media non è tra trenta e quarant'anni, come ci si aspetterebbe, ma tra quaranta e cinquanta. Guardandosi intorno, si scopre anche qualche sessantenne. Persone che ricorrono alla scuola negli anni in cui non trovano altro, ma anche veri e propri professionisti del precariato. Tra i quali è lotta senza sconti. «L'accorpamento dei diplomati Siss (le scuole di specializzazione istituite in sostituzione dei concorsi, ndr) con l'ultima fascia, composta da più anziani vincitori di concorso - spiega Stefano De Caro, segretario della Cgil scuola del Lazio - ha spinto i giovani ad acquisire più titoli, inaugurando una lotta tra poveri per conquistare la cima delle graduatorie». Prima conseguenza, corsi universitari di aggiornamento da due, tremila euro spuntati come funghi, che permettono di acquisire qualche punto in più. Ma anche la nascita di un vero e proprio mercato di docenti a basso costo che lavorano per pochi quattrini in scuole private, pur di acquisire qualche titolo di anzianità. Docenti che insegnano per poco, e che alcune volte lo fanno addirittura gratis. «Un amico - racconta Vanessa - ha lavorato gratuitamente. Anzi, per aver diritto ai punti ha dovuto versarsi da solo i contributi». Un caso tutt'altro che isolato e frequente soprattutto al sud. «Anche mio cugino - afferma Giuseppe, giovane precario calabrese - ha fatto la stessa cosa».
«Che in molti lavorino gratis, si sa da tempo. Quando lo stato si comporta come il peggiore dei padroni - denuncia De Caro - la società segue l'esempio. Il ruolo delle istituzioni non è stato di regolare, ma di destrutturare il mondo della scuola con conseguenze pesantissime. Prima tra tutte, la sottoproletarizzazione dei docenti». Per avere una conferma del declino sociale, basta seguire l'assegnazione delle cattedre: a rimanere scoperte, ormai, sono le scuole del centro. Poiché la maggior parte dei giovani professori, non potendosi permettere affitti elevati, vive in periferia e ambisce a lavorare vicino casa, lasciando liberi i prestigiosi licei e istituti storici. «I bassi salari - nota Giuseppe, con una punta di sarcasmo - hanno i loro effetti positivi. Ci spingono a cercare moglie. Se non vuoi convivere con estranei, è meglio che ti sposi».

Caos nazionale
La situazione di Roma non è eccezionale ma, come confermano i rilievi statistici, corrisponde alla media italiana. Declino e caos in un'amministrazione alle prese, ogni anno, con oltre 130mila docenti da spalmare su tutto il paese. Le cause sono note e sempre le stesse: la mancanza di fondi, ma anche il moltiplicarsi di riforme e aggiustamenti che rendono farraginoso e sempre più complesso stilare graduatorie. Al punto che, come denunciano alla Cgil, «per valutare i titoli di ogni caso ci vogliono almeno quaranta minuti». Con risultati ormai sotto gli occhi di tutti: provveditorati come Napoli, Milano, Torino, Roma e Palermo, in cui deve essere ancora nominato il 10% dei docenti e dove le assegnazioni di cattedre andranno avanti fino a metà novembre. «Le graduatorie di Roma sono tutte sballate - denuncia Giuseppe - sono state fatte due volte, e queste che dovrebbero essere definitive sono sbagliate anch'esse». Ma ad essere cariche di errori sono anche le liste delle scuole. «Il problema - spiega Vanessa - è che mancano moltissimi istituti. Un'amica, non trovando lo stesso posto dell'anno scorso, ne ha dovuto prendere un altro. Ha rinunciato a progetti didattici fatti con i colleghi, per scoprire che la sua cattedra era stata inserita in ritardo». A riprova, le tensioni ricorrenti in via Panisperna. Particolarmente quando si comincia a discutere attorno alla cattedra e si sente urlare: «Le garantisco che ad Anzio mancano quattro cattedre. Rivoglio quella dell'anno scorso: è libera». Libera, ma assente in graduatoria. I telefonini sono bollenti e la maggior parte dei presenti fa avanti e indietro con i corridoi per chiamare e aggiornare a modo suo le liste: «Due posti alla Lucrezio» si vocifera. Oppure «sei posti alla Giulio Cesare», e così via.

Il peggio che deve arrivare
Malgrado questo caos, denunciano i sindacati, il peggio deve ancora arrivare: è atteso a breve con le graduatorie definitive dei supplenti. «I presidi più solerti - spiega De Caro - hanno riempito i buchi, nominando di propria iniziativa in base a vecchie liste. Ora che appariranno nuove graduatorie, questi supplenti saranno sostituiti dagli aventi diritto, che dovranno lasciare il posto ai professori annuali man mano che verranno assunti dal provveditorato». In due, tre mesi - questo il tempo complessivo perché tutti i precari trovino la propria destinazione - le supplenze subiranno un giro di valzer e gli studenti avranno tre professori.
«Ci sono troppe pastoie amministrative - afferma il professor Montagna, preside dell'Iis Niccolò Machiavelli di Roma - ci sono stati troppi interventi episodici, senza mai una visione di sistema. La scuola è importante, i problemi di oggi si ripercuoteranno sulla società del futuro». Per chi avesse dubbi su quanto successo negli ultimi venti anni, basta gettare un occhio sull'enorme scrivania neorinascimentale dietro a cui il professore sta seduto e che in passato era in dotazione per tutte le scuole del regno: il grande vetro che la proteggeva, una volta rotto, è stato sostituito soltanto nella metà utilizzata dal preside. «Qui siamo fortunati - conclude - l'80% delle strutture è a norma. Ma se dovessimo andare per il sottile dovremmo radere tutto al suolo. Anche il nostro villino che non abbiamo i soldi per restaurare».
L'Iis Machiavelli è un esempio indicativo per la storia della scuola italiana. È ospitato in un'elegante residenza ottocentesca, espropriata negli anni Venti. Negli anni Quaranta fu costruita l'ala nuova in un italico razionalismo fascista dotato di servizi da un'istituzione repubblicana che fino agli anni Ottanta ha perseguito con successo l'utopia di un buon insegnamento per tutti. Poi il nulla: degli ultimi 20 anni si riconosce solo il degrado.

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