MORTE ALLA NOTIZIA

Democrazia ma non solo: è partita la corsa alle ricchezze di Myanmar

PESCALI PIERGIORGIO,

«Una rivoluzione gandhiana». Così, un esponente della Lega Nazionale per la Democrazia (Nld con la sua sigla in inglese) contattato per telefono a Bangkok, ha voluto definire la lunga serie di manifestazioni che stanno sconvolgendo la vita sociale e politica del Myanmar.
La rivoluzione delle toghe porpora, bisognerebbe aggiungere. Perché a differenza delle rivolte avvenute nel 1988 in quella che allora si chiamava ancora Rangoon, in cui studenti e membri politici della Nld presero parte attiva, quelle odierne sono organizzate da monaci buddisti.
E' anche per questo che il massacro di civili non ha ancora toccato i livelli di massa paventato da molti mass media, lo stesso che aveva posto fine alle rivolte di vent'anni fa, quando con la complice indifferenza dell'occidente, migliaia di dimostranti vennero uccisi e altrettanti infossati nelle carceri birmane.
Ma come è possibile che in pochi giorni, si possa organizzare e radunare una così grande massa di persone e, in particolare di monaci? Viaggiare nel Myanmar non è né facile né economico per la gente comune, specialmente nella stagione delle piogge. E' inoltre impossibile che militari e amministratori locali non si siano accorti di trasferimenti così massicci in un Paese dove tutto è controllato minuziosamente e dove le spie del regime sono infiltrate in ogni antro della vita sociale e religiosa.
Ciò che sta accadendo oggi sembra invece essere il risultato di una lunga e minuziosa opera di preparazione durata diversi mesi con la partecipazione attiva di diverse organizzazioni internazionali. Paradossalmente aveva ragione The New Light of Myanmar, il giornale dei generali, quando, ancora alla metà di agosto, affermava che le manifestazioni erano opera di «elementi esterni che vogliono destabilizzare il Paese».
Perché biasimare una delle pochissime cose sensate e veritiere che si sono mai lette su questo giornale? Non è un mistero per nessuno che tra i vertici del sangha (la comunità buddista) thailandese e birmana non scorra buon sangue. I leaders del clero birmano sono stati accuratamente scelti dai militari e sin dall'inizio si sono sempre schierati contro le dimostrazioni chiedendo più volte ai monaci di rientrare nelle pagode. Viceversa, nei monasteri thailandesi si sono svolte giornate di preghiera per i fratelli birmani.
Inoltre chi si fosse recato in Birmania nei mesi immediatamente precedenti le rivolte, non avrebbe potuto fare a meno di notare il vertiginoso aumento delle delegazioni di monaci delle due nazioni che andavano e venivano tra i due Paesi.
E' chiaro, anche, che la rivolta delle toghe porpora, non è fine a se stessa.
Ci sono molti governi, in particolare occidentali, che aspettano con ansia che venga aperta una porta per poter entrare nel paese senza destare un turbinio di polemiche e fare manbassa delle sue enormi ricchezze naturali. I monaci, dopo il fallimento delle rivolte politiche del 1988, rappresentavano la componente sociale più sicura affinché non si ripetesse quella stessa carneficina.
In questo campo Cina e occidente si sono trovati dalla stessa parte. Pechino non vede di buon occhio il generale Than Shwe, il leader della giunta militare birmana, considerato filo-indiano, preferendo un generale moderato e filo-cinese, che garantisse l'avvio del processo democratico e il dialogo con la leader riconosciuta del dissenso, Aung San Suu Kyi, per rendere il regime accettabile anche all'occidente e dare prova, alla vigilia delle olimpiadi di Pechino del prossimo anno, della buona volontà dei cinesi di proseguire nella via della liberalizzazione.
La democratizzazione del Myanmar porrebbe anche fine all'imbarazzante situazione di numerosi Paesi europei che, pur invocando il boicotaggio, continuano ad avere enormi interessi nella nazione asiatica. Sono oramai decine le multinazionali che hanno sfidato l'embargo investendo nel Paese: la francese Total, insieme alla malese Petronas, garantisce un miliardo di dollari l'anno, mentre Singapore ha insufflato un miliardo e seicento milioni di dollari in settantadue progetti turistici d'élite in cui l'Italia partecipa massicciamente con diversi tour operator.
E' grazie a tutti questi progetti che le riserve monetarie birmane sono state rimpinguate: secondo il Fondo mometario internazionale ammonterebbero ora a un milione di dollari (nel 1988 erano solo ottantanove milioni).
L'avvio della «road to democracy» potrebbe eliminare tutte queste incongruenze, consegnando all'economia di mercato un altro Paese da sfruttare.

Supporta il manifesto e l'informazione indipendente

Il manifesto, nato come rivista nel 1969, è sinonimo di testata libera, indipendente e tagliente.
Logo archivio storico del manifesto
L'archivio storico del manifesto è un progetto del manifesto pubblicato gratis su Internet e aperto a tutti.
Vai al manifesto.it