VISIONI

Se la gamba è un'arma letale

CATACCHIO ANTONELLO,Locarno

Gli zombi hanno invaso la piazza del festival, portati in massa e con generosità da Robert Rodriguez regista di Planet Terror. In origine il film doveva essere la prima parte di Grindhouse, il double feature a quattro mani realizzato da Robert con il sodale Tarantino. Ma uscito negli Usa in quella versione ha ottenuto risultati inferiori alle aspettative. Così i Weinstein, produttori, hanno pensato di scorporare i due film.
Tarantino e il suo A prova di morte è stato presentato a Cannes, prima di uscire in sala. Ora tocca a Rodriguez sbarcare in Europa con il suo spezzone trasformato in titolo autonomo. Che in realtà non ha richiesto un grande lavoro di rimontaggio in quanto era stato prosciugato nella versione Usa, ora ha solo ripreso le parti che avevano dovuto essere sacrificate per questioni di durata. Quindi pellicola rigata, come i film di exploitation d'epoca e prima dell'inizio vero e proprio un trailer di un film: Machete. Un trailer assolutamente irresistibile che davvero fa venire voglia di vedere il film intero, peccato sia inesistente.
Planet Terror è una sorta di grande omaggio al cinema di genere. Non solo quello di zombi, che pure la fa da padrone, con Romero come icona di riferimento. Rodriguez ha voluto anche piazzare un omaggio esplicito a Jonathan Demme e al suo Donne in gabbia, quasi una parentesi di genere, prima di tornare a quello orrorifico prescelto. Poi si è scritto le musiche, ispirandosi a quelle che Carpenter realizza per i suoi lavori. Ha ripescato Tom Savini, altro regista di genere e creatore di effetti speciali, che era già apparso come interprete in From Dusk Till Down, qui nei panni di un poliziotto destinato a una fine spettacolare. Ma chi sono questi nuovi zombi che arrivano a far danno?
Tutto ha origine in una base militare, da lì comincia l'epidemia che fa spuntare bubboni destinati a esplodere schizzando liquidi schifosi, mentre i titolari dei suddetti bubboni si dedicano a sistematica caccia all'uomo. Vuoi svuotando completamente la calotta cranica dal suo contenuto cerebrale, vuoi amputando arti appena possibile per fare sanguinari banchetti. Si spiega così perché Palomita, una delle protagoniste (Rose McGowan) dopo essersi esibita come go go dancer e essersi sdegnosamente licenziata, incontra il suo ex, ma anche gli zombi, che le strappano via una gamba. Poco male, perché il suo ragazzo, meccanico, sostituisce il legno provvisorio applicando una singolare protesi: una mitragliatrice in grado di fare sconquassi in difesa dell'umanità.
Siamo in ambito decisamente horror, ma l'abilità di Rodriguez consiste nell'ammantare di ironia e di sarcasmo il suo racconto, compreso uno scarto narrativo dovuto a un rullo mancante, come recita apposita e sgangherata scritta. Più che verso il raccapriccio si è indotti alla risata demistificante. E quel che bisogna demistificare è la paura stessa. Quella che induce a fare guerre, a costruire armi sempre più devastanti e incontrollabili, perché poi bisogna rimettere le cose a posto. E non sempre è facile. Sceneggiando un film è più semplice, si prendono tre figure marginali e antieroiche e le si trasforma in salvatori del genere umano, ma in trasparenza Rodriguez mette in guardia su un piano più serio di quel che si potrebbe immaginare con un film di zombi.
Se il cinema americano, a suo tempo, aveva dovuto metabolizzare la guerra del Vietnam, ora i tempi si sono accorciati, molti hanno aperto gli occhi sull'orrore, quello vero, e le occasioni più diverse possono servire per prendere atto di un errore storico spaventoso. Bisogna resistere per non essere trasformati tutti in zombi che aggrediscono e uccidono tutto quello che trovano sulla loro strada.
E il messicano Rodriguez trova anche il modo per celebrare i suoi antenati, affidando alle immagini delle piramidi Maya di Tulum un futuro di speranza per questi eroici profughi dalla follia omicida. Rimane solo un rimpianto: per strada si sono persi alcuni trailer, come quello di Machete, che erano stati annunciati ma sono spariti dalle versioni separate di Grindhouse. Speriamo che, come insegna l'exploitation e la scuola cormaniana, nulla venga buttato e si trovi l'occasione per utilizzarli.
Un altro film ha fatto esplodere di risate la piazza di Locarno: Death at a Funeral di Frank Oz, in trasferta britannica. Commedia irriverente e scorrettissima che si svolge durante un funerale. Umorismo nero quindi, a cominciare dall'arrivo del cadavere sbagliato, proseguendo con allucinogeni scambiati per valium, E tutto si tiene grazie a uno stuolo di attori e caratteristi inglesi che impediscono al film di sbracare, nonostante i colpi bassi e talvolta reiterati.
Nel frattempo, in attesa dei premi finali, è pioggia di premi alla carriera. Nei giorni scorsi è toccato a Carmen Maura ricerverne uno per mano di Dario Fo. Ieri, è stata la volta di Hou Hsiao Hsien che ha ricevuto un pardo alla carriera, seguito dalla proiezione del suo nuovo film Le ballon rouge. A breve sarà la volta di Michel Piccoli. Mentre questa sera, per ricordare Antonioni, così come era stato fatto per Bergman, viene proiettato in piazza, in seconda serata, Zabriskie Point.

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