Via libera alla fusione tra Unicredit e Capitalia. Si sono tenute ieri le due assemblee dei soci, chiamate a dare il nulla osta all'operazione che ora attende le autorizzazioni definitive delle autorità, tra cui quelle dell'Antitrust, per la creazione del secondo polo bancario in Europa.
L'assemblea di Capitalia, alla quale ha preso parte il 45,66% del capitale, si è tenuta nella sede dell'istituto a Roma. L'88,91% dei votanti si è espresso a favore della proposta di incorporazione della banca romana in Unicredit. Ancora più netta la decisione all'assemblea del Credito italiano: a Genova ha votato a favore il 42,8%, il 99% del capitale presente. In seguito alla ricapitalizzazione verranno emesse azioni con un rapporto di 1,2 titoli di Unicredit ogni titolo di Capitalia. Gli azionisti della banca romana che non parteciperanno alla fusione avranno diritto di recesso per le loro azioni, purché inferiore al 5% del capitale sociale, e potranno esercitarlo a un prezzo di 7,2 euro ad azione (ora il titolo è attorno a quota 6,8).
Intanto davanti alla sede di Capitalia una cinquantina di dimostranti si erano riuniti per manifestare contro l'istituto di credito capitolino. Erano i beneficiari del fondo pensione della Cassa di risparmio di Roma. Il fondo era stato creato negli ani '50 per i dipendenti e gestito separatamente. Doveva assicurare ai lavoratori, dopo 25 anni di lavoro, una pensione corrispondente ai 25/35 di quella che avrebbe pagato l'Inps ai 35 anni di anzianità. Ma all'epoca della riforma Dini non ha più ricevuto i versamenti, e così si è creato un «vuoto» di 500 milioni di euro, di cui i contribuenti hanno chiesto conto ieri al presidente di Capitalia. Lo stesso Geronzi ha detto che «il problema andrà risolto e lo risolverò prima della mia uscita dal gruppo» sottolineando che queste sono «ingiustizie che non possono essere accettate». A proposito, dopo l'approvazione in assemblea, il presidente di Capitalia ha «accettato» un premio di merito pari a 20 milioni di euro lordi. Sorridendo lui stesso ha però precisato che «sono appena 10 milioni netti».