STORIE

«Al Qaeda? No, volevano soldi»

Intervista Il missionario rapito nelle Filippine, l'integralismo e lo scontro di religioni Padre Bossi racconta i suoi 39 giorni nella foresta filippina: trattato bene, l'islam non c'entra nulla
RUSSO SPENA GIACOMO

«Ringraziando Dio sto bene. Ho solo dei disturbi intestinali, forse per l'acqua infetta che ho bevuto durante la prigionia». E' un padre Bossi felice, sereno ma anche molto stanco, quello che contattiamo nella zona di Zamboanga, vicino alla sua parrocchia di Payao. E lì che tornerà oggi, dopo 39 giorni di sequestro, per «salutare la mia gente». Solo successivamente andrà a Manila per un controllo in ospedale.

Partiamo dal sequestro.
La situazione non era delle più facili: stavo sperduto nella foresta, su un versante del fiume, in mezzo al nulla. Ma la fede mi ha dato la forza per non aver paura. Devo dire però che sono stato trattato bene. Non ho mai subito né percosse né minacce di morte. Anzi i rapitori sono sempre stati molto gentili. L'unico problema è stato il cibo: si mangiava solo riso e pesce secco. Ma i pasti erano uguali per tutti, non ero il solo a soffrire la fame. Conoscendo i rapimenti precedenti al mio che duravano 2 o 3 mesi, mi ero messo l'anima in pace. Invece dopo 39 giorni è finita.

Pensa che per il suo rilascio sia stato pagato un riscatto?
Non so nulla, non so che rispondere. So solo che un giorno i rapitori mi hanno svegliato e mi han detto: «Andiamo, sei libero». Ma non ci credevo. Dopo 2 ore di cammino in mezzo alla foresta, ho iniziato però a sperare che fosse vero. E per fortuna non mi sono sbagliato: mi hanno consegnato alla polizia locale. Una volta arrivati al villaggio ho trovato anche molte persone del Sismi. Ciò mi fa credere che la Farnesina, collaborando con le autorità filippine, abbia lavorato molto bene per ottenere la mia liberazione.

Ma chi erano i carcerieri? Avevano relazioni con Al Qaeda?
Inizialmente si sono presentati come il gruppo islamico qaedista Abu Sayyaf. Ma durante la prigionia ho capito che non era così. Riuscendo a comunicare quel poco che era possibile con loro - visto che parlavano una lingua diversa dalla mia - ho capito che era un gruppo di balordi. Su quale ci sono ancora dei dubbi, anche se la pista più battuta è quella che porta a una componente fuoriuscita del Milf (Fronte indipendentista moro) che si fa chiamare Lost Commandos («Cani sciolti»). Tra l'altro mi hanno detto che erano stati i rapitori anche di padre Giuseppe Pierantoni nel 2002. Su una cosa invece non ci sono dubbi: avevano solo interessi economici. Le rivendicazioni politiche non c'entrano, questo non me lo toglie nessuno dalla testa. Soldi, i rapitori volevano soldi.

Molti media hanno detto che lei avrebbe dichiarato di esser stato rapito perché «italiano».
Ma no. E' una cosa che è capitata a me ma che poteva coinvolgere altri occidentali. Una cosa è sicura: i rapiti non sono tutti uguali. Uno straniero vale più di un filippino. Innanzitutto per il riscatto economico più sostanzioso che si ottiene. Poi un sequestro di un occidentale crea un'opinione pubblica mondiale che fa dirette pressioni al governo filippino che a sua volta, di fronte al rapimento di uno straniero, si deve comportare in un determinato modo. E' costretto a fare di tutto per liberarlo. Se viene rapito un filippino le cose vanno per le lunghe e c'è poco guadagno per i sequestratori.

La situazione nel paese sta precipitando. Soprattutto dopo l'uccisione di 14 soldati filippini da parte del Milf e le successive norme antiterrorismo del governo. Non ha paura di rimanere nelle Filippine?
No, come non ce l'hanno gli altri missionari. Abbiamo fatto una scelta di vita e sapevamo a cosa saremmo andati incontro. Con le popolazioni locali abbiamo instaurato rapporti di fiducia e di dialogo. Ecco perché voglio tornare subito a Payao. Per dire alla gente del luogo di andare avanti, di guardare al futuro, di proseguire il cammino per costruire un'umanità nuova. Sarà un sogno, sarà un ideale ma questa umanità deve nascere, altrimenti finiremo tutti con le armi in pugno. Certo ora l'escalation di violenza nel paese ci costringe a un momento di riflessione. La storia del Pime nella Filippine è positiva ma anche piena di controversie: in 30 anni ci sono stati 2 missionari morti e 3 rapiti. Invece sugli scontri nella zona di Basilan abbiamo chiesto la costituzione di una commissione d'inchiesta. Una volta che sarà chiara la vicenda decideremo che fare.

In Italia invece è montata una campagna anti-islamica. Con tanto di iniziative in difesa dei cristiani nel mondo. Che ne pensa?
Che non c'è nessuna persecuzione dei cristiani nelle Filippine. L'obiettivo di noi missionari è la convivenza interreligiosa, che realizziamo attraverso l'assistenza quotidiana sia ai musulmani che ai cristiani. Così alimentare l'odio contro l'islam è sbagliato, non avvantaggia nessuno. Già lo dicevo prima del rapimento e continuerò con più forza a ribadirlo ora. Con queste campagne le uniche vittime sono tutte le persone di buona volontà che lavorano per un dialogo tra le parti. Lo stesso discorso l'ho fatto ai miei rapitori. Ho cercato di spiegare loro che con questi sequestri esasperano lo scontro, peggiorando solo la situazione. Ma a loro non interessava: volevano i soldi e basta.

Quando tornerà in Italia?
Dovrei tornare il 12 agosto. Ma il mio obiettivo resta ritornare subito a Payao. Vorrei evitare bagni di folla. A me che piace lavorare nel segreto, umilmente, tutta questa popolarità disorienta. Per mia fortuna ad agosto la gente è in ferie e l'opinione pubblica si sarà in parte dimenticata del mio caso. Una volta in Italia voglio stare 2 settimane in pace con mio fratello e mia sorella. Magari faremo gli eremiti su una montagna. Abbiamo bisogno di riposo.

Conferma che andrà dal Papa?
È il prezzo dell'essere famosi! Non so ancora cosa gli dirò: ci sto pensando molto. Ma a me questa vicenda è piovuta dal cielo. Sono i miei superiori del Pime che hanno organizzato l'incontro con Papa Ratzinger e poi si sono anche dimenticati di comunicarmelo. Comunque mi hanno fatto una grata sorpresa: tante sono le volte che ho pregato per lui.

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