INTERNAZIONALE

«Quelle medicine per padre Bossi»: c'è un contatto

RUSSO SPENA GIACOMO

C'è stato un contatto con i rapitori di padre Bossi, sequestrato più di un mese fa nelle Filippine. Una richiesta di farmaci, quelli che prende abitualmente contro la pressione alta. La fonte sembra sicura. «Una volta giunta la richiesta - spiega il Pime (Pontificio istituto missioni estere) - un pacco contenente medicine è stato inviato. Contemporaneamente, abbiamo chiesto di avere notizie dirette sulle condizioni di salute del rapito». Queste quindi sono ore di attesa e d'ansia. Alla consegna - riferisce la Farnesina - non c'era un mediatore ufficiale ma «un messaggero mandato lì solo per dare la comunicazione», a cui per una volta non sono seguite richieste economiche. In effetti è difficile in questo momento capire di chi fidarsi. Nelle Filippine si è sviluppato un vero e proprio commercio di presunte foto e messaggi di padre Bossi. Questa volta a confermare il contatto è stato un confratello del Pime che attualmente sostituisce padre Bossi nella parrocchia di Payao. Lo stesso che ha smentito la veridicità sia del messaggio audio giunto il 6 luglio scorso assieme al video che mostrava immagini del prete rapito («Quell'audio è confuso, la voce non ci sembra la sua»), sia del presunto sms mandato con il telefonino ad un amico («E' totalmente falso»).
Dopo due falsi allarmi si è aperta forse una strada. «C'è cauto ottimismo. Non si chiedono delle medicine a una persona che si vuole allontanare», afferma, con una voce carica di speranza, padre Cesare Baldi, codirettore di Misna, il quale sembra avere anche qualche idea sui sequestratori. «Sbagliano quelli che parlano del gruppo terrorista e qaedista Abu Sayyaf. La pista non è il terrorismo internazionale di matrice islamica ma una componente fuoriuscita dal Milf (il Fronte islamico di liberazione Moro, ndr). La geografia e la sociologia del posto e le modalità di richiesta vanno in questa direzione». Chiara la frecciata alle campagne anti-islamiche che hanno affollato la stampa italiana con il pretesto di sbloccare il rapimento di padre Bossi. «In questi momenti - aggiunge padre Baldi - non si deve alimentare il contrasto tra gruppi distinti, ma insistere sulla mediazione e il dialogo tra le parti». E in questa direzione va il presidio organizzato a Firenze da tre consiglieri comunali, dalla presidenza del consiglio degli stranieri Divina Capalad e dall'imam della città Izzeddin Elzir.

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