CAPITALE & LAVORO

Privacy e stress: sciopero al call center del 187

MARINI MATTEO,Roma

 «Peggio di noi solo i venditori porta a porta». Tutto il rispetto per la categoria, ma la realtà per i lavoratori del call center del servizio 187 di Telecom Italia è proprio questa. Erano stati assunti per dare assistenza ai clienti, sono costretti invece a tentare di «appioppare» cordless Aladino o contratti Adsl. Ieri i lavoratori di Telecontact di Roma, aderenti ai Cobas, hanno scioperato per 24 ore e posto un presidio davanti a Montecitorio e sotto la sede della società, in via Lamaro. Uno sciopero ad alta adesione, circa il 70% dei 900 dipendenti del call center romano. Oltre a svolgere mansioni per cui non sono stati assunti, i dipendenti Telecontact lavorano in condizioni da loro stessi definite «esasperanti», con premi di produzione distribuiti tramite delle gare interne (a chi «vende» di più) ogni 3 o 6 mesi. Una specie di corsa al massacro per un incentivo che vada ad integrare il magro stipendio di 530 euro al mese per un part-time flessibile di 5 ore.
Sempre ieri una delegazione ha incontrato il vice presidente dell'Authority sulla privacy per far presente la condizione «orwelliana» degli addetti, costretti a lavorare sotto il costante controllo da parte del Big brother capo settore. «Il garante della privacy aveva emesso una delibera riguardante le cosiddette 'chiamate di stress' - spiega la delegata sindacale dei Cobas - visto l'eccessivo numero di telefonate che disturbavano i clienti ad ogni ora del giorno. Ma si era espresso anche nei riguardi del controllo a distanza dei dipendenti, vietandone l'uso di sistemi di monitorizzazione informatica. Noi siamo andati a far presente come la situazione non sia affatto migliorata».
Il call center è nella pratica una gigantesca banca dati, nella quale vengono schedati in primo luogo i «clienti» per sapere cosa offrire e individuarne la «profittabilità»; ma anche i lavoratori, per controllare i volumi di lavoro e di vendita, senza attenzione particolare alla qualità: «Non esistono controlli sulla qualità del servizio - spiega Maxim, uno degli addetti - l'unico dato in questo senso è la cosiddetta 'ripetuta'; cioè se il cliente richiama entro 24 ore l'addetto che l'ha servito perde punti nella gara per il bonus, il che contrubuisce solo ad aumentare lo stress». I lavoratori di Telecontact svolgono attività in-bound, ma, se così si può dire, con «effetto outbound». In pratica mentre fanno assistenza devono «vendere, vendere, vendere»: unico vero imperativo. «Tutto questo in una situazione stressante di lavoro - dice ancora Maxim - in cui non ci vengono riconosciuti neppure i 42 secondi previsti dai regolamenti tra una telefonata e l'altra; pensate che il record è 2 secondi e 7 decimi, come si fa a lavorare così?». Ma nel comunicato dei Cobas, tra le ragioni dello sciopero si leggono numerose denunce. Come quella contro la «decisione dell'azienda di impedire il libero esercizio dell'attività sindacale, tramite il rifiuto di far svolgere l'assemblea indetta dalla Rsu», oppure la richiesta per «il diritto ad un reddito dignitoso e la trasformazione dei rapporti di lavoro part-time in contratti a tempo indeterminato».

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