Sono oramai 45 anni che in Birmania i vertici militari detengono il potere. Visto dall'esterno, il governo della giunta appare solido e unito: nel paese sono pochissime le voci che esprimono dissenso, i turisti che vengono scorazzati tra splendide pagode e monumenti non vedono grosse sacche di miseria, i sorrisi che li accompagnano ovunque mostrano la facciata di un popolo felice e sereno, i manifesti della propaganda riflettono un'unica via condivisa da tutti.
In realtà le rivalità individuali e la frantumazione sociale, rendono il governo assai più debole di quanto possa apparire. Neppure nell'atteggiamento da tenere verso Aung San Suu Kyi vi è unità di vedute.
Lo dimostra la lunga serie di destituzioni, di cambi di denominazioni e di rimpasti al vertice avvenuti dal 1962 ad oggi.
L'ultima, in ordine di tempo, si è consumata nel 2004, quando l'allora primo ministro, generale Khyn Nyunt, da molti indicato come colui che avrebbe traghettato il paese verso il pluralismo politico e economico, è stato posto agli arresti domiciliari. Nessuno all'interno della Spdc può considerarsi intoccabile: Nyunt, ad esempio era a capo dei potenti servizi segreti, ma questa posizione privilegiata non lo ha preservato da una fine miserabile. Le informazioni in suo possesso non sono servite ad arrestare l'ascesa del suo più acerrimo nemico, quel generale Than Shwe che, partendo da un posto pubblico nelle poste birmane, è riuscito a mettere da parte prima il generale Ne Win e poi lo stesso Nyunt.
Molti analisti indicano nel rifiuto di Aung San Suu Kyi di accettare il dialogo offertole dal primo ministro, come una delle principali cause della sua caduta. Paradossalmente per questi osservatori (e per alcuni membri dell'Nld poi espulsi dal partito per le critiche rivolte a Suu), l'intransigenza di Aung San Suu Kyi avrebbe favorito l'ascesa dell'ala dura dei militari.
Oggi il settantottenne Than Shwe è l'indiscusso presidente dell'Spdc, il Consiglio di Stato per la Pace e la Democrazia, e comandante delle forze Armate. Nonostante le sua apparizioni televisive cerchino di nascondere la paralisi al braccio dovuta a diversi attacchi di ischemia, è a tutti chiaro che la sua salute e, quel che è più grave, la sua mente, sono compromesse. In un suo discorso ha farfugliato che prima di morire non vuole vedere più una faccia bianca nel Myanmar e che nella nuova costituzione vorrebbe reintrodurre la figura del re; ruolo che gli spetterebbe di diritto in caso di un suo ritiro dalle cariche militari.
Il suo vice, Maung Aye, potrebbe essere il successore di Than Shwe, ma il vizio di bere ha reso il suo fisico debole. Xenofobo, crudele, Maung Aye, oltre ad essere contrario ad ogni dialogo con Aung San Suu Kyi, è stato l'artefice degli accordi con i signori della droga in cambio di una pace con le diverse etnie.
Il più giovane tra i militari al vertice è l'attuale primo ministro Soe Win, 63 anni, da molti considerato il mandante dell'attacco che nel 2003 ha cercato di uccidere Aung San Suu Kyi. E' stato Soe Win a comandare la divisione di fanteria responsabile del trucidamento di centinaia di studenti nel 1988. Insomma, è lui che si sporca le mani. Malato (forse di leucemia), Soe Win sarebbe stato recentemente scavalcato nella scala gerarchica da Shwe Mann e Thein Sein, che non hanno però ancora consolidato le loro posizioni.
Le malattie che minano il fisico dei generali senior, lasciano qualche speranza nel futuro del paese. Sono in molti, anche e soprattutto tra i militari, ad aspettare la morte di Than Shwe. E' la sua presenza, infatti, che impedisce ogni cambiamento. La nuova generazione di militari, più moderata e incline al compromesso, è pronta a prendere le redini del potere per poi condividerlo con l'opposizione.
PG.Pe