LA PAGINA 3

Il «grande vuoto» della destra tra scandali, falsi eroi e divorzi

TONELLO FABRIZIO,

La maratona elettorale americana è iniziata troppo presto e alcuni dei corridori dati per favoriti mostrano già segni di fatica. Sul fronte dei repubblicani, secondo il rispettato Cook Political Report, «c'è un grande vuoto». La ragione è che il partito si è fortemente ideologizzato e radicalizzato a destra negli ultimi anni e né Giuliani né McCain sono i candidati ideali per la base. Giuliani ha saputo sfruttare al massimo la notorietà nazionale ottenuta come sindaco di New York nei giorni dopo l'11 settembre ma su YouTube circolano i suoi video in cui partecipa al Gay Pride travestito, non esattamente ciò che gli elettori del Kansas o dell'Iowa vorrebbero vedere. Senza contare due brutti divorzi alle spalle, con mogli lasciate senza troppi complimenti per donne più giovani.
Il caso di McCain è diverso: eroe di guerra, prigioniero dei vietnamiti, a lungo senatore, una fama di indipendenza dal partito che potrebbe aiutarlo nel momento in cui l'impopolarità di Bush è allo zenit. Anche nel suo caso, però, ci sono problemi con i militanti che votano nelle primarie, in particolare l'immigrazione: la base repubblicana è ferocemente xenofoba mentre McCain ha una posizione favorevole a una sanatoria dei clandestini, come gli imprenditori, interessati alla manodopera a basso costo sempre disponibile.
Nelle ultime settimane si è fatto avanti Fred Thompson, che recita la parte del pubblico ministero nella popolare serie tv della Nbc Law and Order. Oggi Thompson (che non ha ancora dichiarato la sua candidatura) raccoglie il consenso del 28% dei probabili elettori repubblicani, contro il 27% di Giuliani, l'11% di Mitt Romney, un ex governatore del Massachusetts, e il 10% di McCain. Al contrario di Ronald Reagan, che lasciò la carriera di attore per diventare governatore della California, Thompson è tornato allo spettacolo dopo 8 anni da senatore del Tennessee. Questo lo rende molto riconoscibile tra il pubblico, ma è da vedere se tra sei mesi, quando si inizierà a votare per le primarie, gli elettori saranno ancora interessati a lui.
La situazione è quindi molto fluida e il chiarimento non potrà che avvenire nelle primarie, quest'anno molto anticipate rispetto al solito. I tradizionali appuntamenti di Iowa e New Hampshire, in gennaio 2008, saranno seguiti da una serie ravvicinata di elezioni in stati importanti come la California e la Florida, favorendo così i candidati maggiori e ostacolando quelli meno noti, che traggono vantaggio da una stagione più lunga, in cui possono farsi conoscere poco a poco.
I democratici, che partono favoriti, stanno già mostrando la loro consueta predilezione per candidati troppo facilmente attaccabili per origini regionali, posizioni politiche, personalità e capacità di comunicare con l'opinione pubblica. Il partito sembra non aver ancora compreso che, dopo il 1960, non è più riuscito a eleggere un candidato alla presidenza del Nord. Gli unici tre presidenti democratici dopo la morte di John Kennedy venivano rispettivamente da Texas, Georgia e Arkansas. Questo non ha nulla di sorprendente, visto che il peso economico e demografico del Sud e dell'Ovest è enormemente aumentato: nel 1960 lo stato di New York aveva 45 grandi elettori, oggi ne ha 31; la Florida, che aveva 10 grandi elettori, oggi ne ha 27. Il Texas, che nel 1960 aveva 24 grandi elettori, oggi ne ha 34. Ciò significa che nominare candidati del Massachusetts come John Kerry (2004) o Michael Dukakis (1988) significa voler perdere le elezioni.
Basterebbero queste considerazioni per esprimere qualche dubbio sulla candidatura di Hillary (New York) oppure di Obama (Illinois) ma, purtroppo, ci sono altri fattori ancora più negativi. Nel caso di Obama non c'è soltanto il colore della pelle ma anche la totale inesperienza: senatore per un unico mandato, con lui la collaudata campagna di calunnie repubblicana andrebbe a nozze.
Il problema di Hillary è diverso: conosciutissima, ben finanziata, posizioni conservatrici sull'Iraq, si porta al collo la macina da mulino di Bill Clinton alla Casa Bianca. Gli otto anni di Bill hanno lasciato nella base repubblicana un odio profondo per la coppia, e una diffidenza abbastanza diffusa anche fra gli elettori indipendenti.
Nei sondaggi, il numero di persone a cui piace Hillary (49%) è esattamente pari a quello degli elettori a cui non piace (49%); soprattutto, il numero di americani che rispondono «non mi piace per nulla» è il 33%, assai più alto di coloro che rispondono «mi piace molto» (21%).
Questo significa che la sua candidatura facilita la mobilitazione del campo avversario e suscita sospetti perfino tra gli elettori democratici, come mostra lo straordinario minifilm contro di lei, basato sullo spot Apple del 1984: vi si vede una Hillary-Big Brother dominare lo schermo davanti a una platea di robot senza volto, fino a che non arriva una ragazza che fa esplodere lo schermo lanciando un martello.

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