VISIONI

Fioccano raccomandate per gli utenti peer-to-peer

SBARIGIA GIULIA

«Stamattina mi è arrivata una lettera da questo studio legale Mahlknecht & Rottensteiner che, per un file ipoteticamente condiviso il 18/03/2006 mi chiede 330,00 euro per chiudere bonariamente la questione, altrimenti procederà con azioni legali nei miei confronti! Quanto è attendibile questa raccomandata?...». Il messaggio è stato postato in un forum dedicato al peer-to-peer e non è l'unico in Rete a chiedere lumi sull'argomento. Gli utenti nel mirino degli avvocati tedeschi di Mahlknecht & Rottensteiner, incaricati dall'etichetta discografica di Hannover Peppermint jam, sono 3636, tutti italiani, molti dei quali, in queste ore, hanno già ricevuto la stessa minacciosa missiva. Per loro l'accusa è violazione del copyright, dunque di natura penale secondo quanto stabilito da Urbani prima e dal ministro Rutelli poi.
La Peppermint, che nella sua scuderia esibisce James Kakande, autore del tormentone Wind You you you, è la label fondata da Mousse T., dj tedesco di origine turca noto per aver riportato al successo Tom Jones con la hit Sex bomb. Nella sua playlist suona musica mischiata, remixata, qualche mush-up, «centoni» (per dirla coi tardo latini) di suoni ibridati, di brani montati uno su l'altro con quella tecnica che tanto fa infuriare le major del disco pronte a querelare in difesa del diritto d'autore. Sorprende, allora, che proprio Mousse T. abbia assoldato l'agenzia svizzera Logistep, specializzata in «anti piracy solutions», per tracciare il traffico sui maggiori siti di scambio file. Tracciare il traffico non significa però individuare i presunti responsabili, a questo ha pensato il tribunale di Roma, ribaltando una precedente sentenza e obbligando Telecom a fornire agli avvocati tedeschi il numero di Ip degli utenti italiani.
Fiorello Cortiana, che fa parte del Comitato consultivo sulla governance di Internet del ministero dell'innovazione, allora era intervenuto con una lettera, ancora in attesa di risposta, al Garante della privacy. «L'impressione è che queste azioni, basate su un danno presunto e non documentato da prove, si configurino come una forma di spamming giuridico a sostegno, tra l'altro, di una ambigua postulanza. Alla luce della definizione di dato personale contenuta nel Testo unico sulla Privacy, l'Ip è un dato personale, quindi non tutti i trattamenti possono essere fatti senza il consenso dell'interessato», aveva scritto all'Authority. Oggi, che sono fioccate le raccomandate per conto della Peppermint, la posizione di Cortiana è ancora più dura: «Tutto questo risponde a una logica di natura estorsiva - dice - non c'è stato un processo e non ci sono prove a carico degli utenti. Già all'epoca della sentenza che ha obbligato Telecom ha fornire gli Ip, l'Authority stava valutando se costituirsi parte civile contro il tribunale di Roma, ma ora si è andati oltre, preparerò un altro testo da sottoporre al garante. La società Logistep è Svizzera, un paese dove non esiste una legge sulla privacy, dove non c'è un'autorità preposta».

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