POLITICA & SOCIETÀ

Caro manifesto, sulle droghe una sinistra meno conformista

La polemica
LONARDO EMILIO*

Circa un anno fa ho promosso in Consiglio comunale di Bologna un appello ai giovani a rifiutare la «droga» ed a stare lontani dai «venditori di morte». Lo feci in occasione della «Street Rave Parade», un rave annuale organizzato dal «centro sociale» Livello 57. Quello che mi aveva colpito della Street ultimamente - da militante della sinistra (con simpatie antiproibizioniste), che vendeva a 14 anni questo giornale nei quartieri operai di Bologna - era sì la nutrita partecipazione, ma anche il consumo enorme di alcolici e sostanze di ogni tipo, con enormi guadagni, immagino, per gli spacciatori e la criminalità organizzata. La Street non mi sembrava una manifestazione antiproibizionista, né mi pareva avesse nulla di «politicamente rilevante» per cui dovesse essere difesa o, ancora di più, portata ad esempio. L'idea che qualcuno facesse del «business» su sostanze che rovinano la vita di milioni di persone al mondo mi sembrava, anzi, inaccettabile.
L'anno scorso la Street , con una serie di limitazioni, si tenne lo stesso, pur con molti meno partecipanti, ma con la solita scia di malori e di interventi di ambulanze e medici. La Repubblica del 3 luglio 2006 (e non Il Giornale), parlando di tale rave, cita «pusher arricchiti per il consumo alle stelle di cocaina e ketamina».
Non ho certezze assolute sul modo migliore per combattere il fenomeno della tossicodipendenza e dello spaccio. Registro la discussione nel centrosinistra sui quantitativi di hashish configurabili nell'uso personale e leggo le opinioni contrastanti che, anche a partire dalle «scuse» del settimanale britannico The Independent, riprese anche dal direttore dell'Unodc, Antonio Costa, riguardano la pericolosità di alcuni derivati della cannabis oggi in circolazione. Queste notizie mi fanno dire che la vecchia divisione tra «droghe leggere» e «droghe pesanti» oggi non tiene più. E l'ecstasy? E le altre droghe sintetiche? Pesanti o leggere? Da vietare o da depenalizzare? Non ho davvero certezze assolute su questo piano (a parte quelle favorevoli all'uso terapeutico della cannabis), e comincio anche ad avere una notevole diffidenza verso chi le ha. Ho invece la certezza che il consumo di ogni sostanza che rende la mente fortemente annebbiata e lontana dalla vita reale, pregiudicando semmai anche per il futuro la salute fisica e la lucidità mentale dell'individuo, sia l'opposto di quello di cui un essere umano ha bisogno per amare se stesso e gli altri e sia l'opposto di quello per cui ho sempre lottato: la libertà e la dignità dell'uomo. Oggi, come trent'anni fa, sento il dovere morale di combattere i grossi interessi criminali che manovrano la diffusione delle droghe e di contrastare i promotori interessati di feste dove si inneggia al consumo ed allo spaccio, ed i politici furbi che strizzano l'occhio alla cultura dello «sballo» per raccattare qualche voto giovanile in più. E con loro una certa sinistra che vive di luoghi comuni e di parole d'ordine datate o sbagliate, ma che rassicurano il suo cuore conformista, senza saper più offrire un universo di valori positivi che vada oltre il pur giusto obbiettivo di vincere contro Berlusconi.
Torniamo a quell'appello. Fu una mia adesione «contro natura» alla legge Fini? No. Ho chiesto espressamente a consiglieri di entrambi gli schieramenti di firmarlo, per dimostrare ai giovani a cui ci rivolgevamo che, pur divisi su quasi tutto, le istituzioni riuscivano ad andare d'accordo almeno nella attenzione verso di loro su questo problema che si intreccia con i piccoli e grandi drammi di quella età difficile. Non credevo che quell'appello potesse servire a molto contro la droga. Forse è vero che suonava un po' paternalistico. Anche Bertinotti quando indica la pratica non-violenta, o le campagne contro le morti del sabato sera, possono suonare paternalistici. Insomma: ci si prova. Perché ho chiesto di scrivere questo articolo? Non pretendo che la sinistra la pensi sempre come me. Mi farebbe piacere, però, che tornasse ad essere meno conformista e allineata, come lo furono quei «ragazzi» che fondarono questo giornale 35 anni fa.
* Consigliere comunale Ds di Bologna

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