Si comincia in terre lontane. Africa. Due uomini sono appostati su una collina. Sono mimetizzati da pelle di montone, ma possiedono armi micidiali e sofisticate. Uno rileva distanze e dati, l'altro è un cecchino, capace di colpire un bersaglio a distanze inimmaginabili. Poi succede qualche pasticcio, le comunicazioni sono confuse. Alla fine i due sono bersaglio dei colpi dell'elicottero amico. Uno muore, il cecchino scampa. Lo ritroviamo tempo dopo nella sua solitaria casa di montagna. Solo come un cane e solo con un cane. Si è chiamato fuori dal mondo. Schifato. Già, perché lui era un marine degli Stati Uniti in azione coperta da segreto. Per questo quando arrivano quelli della Cia a chiedergli un favore li manderebbe volentieri al diavolo. Il favore consiste in questo: sapendo con certezza che qualcuno vuole sparare al presidente, lui è il solo capace di capire dove potrebbe succedere facendo un sopralluogo. Si fa intortare, studia e identifica l'unica possibilità. In realtà stanno prendendolo ancora una volta per i fondelli. È lui la vittima sacrificale, dopo che viene compiuto un omicidio. E allora reagisce come sa, ne spara di tutti i colori contro il presidente, la guerra e la Cia. Sia verbalmente che di fatto.
Antoine Fuqua è regista di cinema d'azione e d'avventura, quando si trova a lavorare su quel registro, sulla base del romanzo di Stephen Hunter Point of Impact, il film scivola su binari di genere ben oliati. Paradossalmente si inceppa proprio quando vuole trarne una lezione morale e politica, tutto suona un po' appiccicato e senza sfumature, compreso un incontro grottesco con un senatore che regge i fili della trama dipinto come un cretino da operetta.
Mark Wahlberg si danna l'anima per riproporre una sorta di variante del fuggitivo con venature alla Rambo, la frase preferita per giustificare gli sconquassi che combina è «hanno ucciso il mio cane». E allora tutto diventa più complicato. Forse hanno preso troppo alla lettera la similitudine di Brando-Kurtz che diceva a Sheen-Willard «sei solo il garzone del droghiere». Il protagonista Bob Lee Swagger sembra davvero il garzone del droghiere. Lavoro peraltro rispettabile. Ma è chiamato a un compito più grande di lui: mostrare tutta la disillusione nei confronti di un governo che ha imbrogliato in nome degli affari. E come alleati trova solo un agente Fbi di secondo piano e la vedova del suo commilitone. Troppo poco per ribaltare un mondo, pure se le logiche sembrano essere andate a farsi benedire. E quando avviene, nella fiction, non risulta molto credibile.