VISIONI

E il sergente Lazo disse: «Signornò, presidente»

CATACCHIO ANTONELLO,Miami

Miami. Calle Ocho. La via dei cubani, la strada che da tempo è diventata simbolo dei fuorusciti cubani sbarcati negli Usa. Ogni anno si tiene una festa. Divenuta ormai una colossale kermesse con un'infinità di palchi che diffondono musica, latina, una sequenza ininterrotta di baracchini che vendono cibo, bevande e ricordini alle centinaia di migliaia di persone che affollano la strada. La festa ormai non appartiene più ai cubani, ma a tutti i latinoamericani che sono la maggioranza di Miami. Per questo si vendono gadget con la scritta Colombia, Perù, Argentina e così via, compresi Portorico, Haiti e naturalmente Cuba. C'è anche uno stand dell'esercito, ogni occasione è buona per reclutare, soprattutto tra i poveri cristi in cerca di fortuna. Così i reclutatori dispensano regalini ai bimbi più piccoli cercando di incastrare i più grandicelli. Chissà come era stato reclutato a suo tempo il sergente Lazo? Anche lui se n'era andato da Cuba molto tempo fa, lasciando sull'isola due figli, oggi intorno ai vent'anni. Il sergente si è perfettamente integrato negli Usa, sta nella guardia nazionale di Washington, è stato anche inviato in Iraq, dove ha ottenuto una medaglia di bronzo. Ma il sergente Lazo è furibondo. E lo ha spiegato anche ai suoi superiori. Sino a qualche tempo fa, una volta l'anno andava a Cuba a trovare i figli e regolarmente inviava loro denaro, sempre utile. Poi la politica si è messa di mezzo, un decreto presidenziale glielo impedisce. «Maledetto Castro» la risposta degli ufficiali. E lui allora doveva spiegare che no, il decreto non era di Castro, ma del loro presidente. Di Bush. Prima delle ultime elezioni presidenziali, su pressione della lobby anticastrista presente al senato e alla camera degli Stati uniti, con l'intento di rendere più incisivo l'embargo, Bush aveva deciso che i cittadini americani potevano andare a Cuba solo ogni tre anni e che non potevano mandare denaro agli abitanti dell'isola. Un'imbecillità totale che ha solo fatto inviperire gli interessati, americani, costretti a diradare le visite ai parenti e a triangolazioni internazionali per inviare denaro.
Questa storia viene raccontata da Lisandro Perez-Rey in Those I left behind (Quelli che mi sono lasciato dietro), un documentario che racconta proprio della separazione forzata di molte famiglie cubane e degli effetti che la pensata di Bush e soci ha avuto sulle loro vite. Viaggiando avanti e indietro tra Cuba e le diverse città americane in cui si sono stabiliti i fuorusciti cubani, Perez-Rey ricostruisce alcuni casi esemplari dei danni provocati dai politici quando decidono di interferire con il privato famigliare dei cittadini. Ci sono state anche manifestazioni di protesta, proprio a Miami, proprio a Calle Ocho, questa volta non più contro l'odiato Castro ma contro Bush.
Eppure qui è ancora forte, soprattutto da parte dei più anziani, il rancore nei confronti di Castro. Prima della proiezione del documentario di Perez Rey al festival di Miami è stato presentato un corto dal titolo Castro in Central Park di A. D. Calvo, in cui si mostra l'opera dello scultore Daniel Edwards: un monumentale faccione di Fidel che dovrebbe finire al parco per sottolineare gli sforzi umanitari del lider maximo. Quando spiegano allo scultore che forse non è il caso, lui si convince e allora la performance consiste nel fare franare rovinosamente la testa di Castro. Evento salutato da calorosi applausi in sala.
E il clima anticastrista rimane vivo quando inizia il documentario che parla dei fuorusciti, perché non è chiaro dove stia andando a parare. Solo dopo un po' si scopre che l'obiettivo della critica non è Castro, ma Bush. A quel punto però è stato anche spiegato il perché e allora bisogna applaudire questi poveracci che prima se ne sono andati dalla loro isola, poi sono stati traditi un'altra volta dalla più grande democrazia del mondo. Storie tristi, fatte di malattie, separazioni dolorose, funerali cui non si può partecipare in nome di un embargo che ha provocato solo danni alle persone e nessun problema politico al castrismo. Per questo il sergente Lazo ha alzato la voce, è stato intervistato in televisione, si è dato da fare per contrastare una norma idiota. Tutto questo è stato fatto in nome di un assoluto buon senso, prima ancora che della democrazia. Ma il decreto rimane.

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