Stuart Gordon ha un corposo passato da regista horror. Forse per questo suona perfetto per la messa in scena di Edmond, testo teatrale di David Mamet, ora divenuto film. Perché di orrore si tratta. Un po' come guardarsi più a fondo e scoprirsi improvvisamente rivoltanti. Siamo tutti un po' Edmond. Un uomo qualunque. Lavoro, moglie, casetta e una rancore sordo che cova sotto la tranquillità. Basta poco. Un appuntamento rimandato, un post-it che segna un orario, che compare sulla vetrina di un'indovina, creando un vortice che risucchia Edmond all'interno del negozio. Scorrono i tarocchi e annunciano guai. «Lei non sta vivendo la sua vita». Questo il responso. Potrebbe fare spallucce. Invece il tarlo comincia a lavorare. A casa è lite definitiva con la moglie, per motivi banali, futili e imprevedibili. Poi l'avventura nella notte. Un drink al bar con uno sconosciuto, il tentativo di scoprire il sesso a pagamento. Peraltro caro. E il destino che comincia a prendere sempre più una piega autonoma. Lui crede di sapere quale delle tre carte sia vincente, ma non è così. E sono botte. Non ha altre risorse che un banco dei pegni. Per un anello prezioso una manciata di dollari e un coltello con manico tirapugni. Ora è in grado di essere forte anche lui. Può sfoderare tutto il razzismo dissimulato da tempo, può ribellarsi, può dire in faccia quel che pensa, può compiere gesti che non credeva di poter realizzare. La pace arriva solo dal carcere e da un compagno di cella nero e grosso.
Mamet è davvero maestro di perversione, di contraddizione, abile nel grattare via la patina superficiale per fare emergere la vera essenza del nostro vivere. Certo il teatro un po' si sente nell'insistenza dei dialoghi, ma il merito di Gordon sta nel non puntare sul trucidume, ma nel creare una disagevole tensione costante pedinando il suo Edmond. Interpretato da William H. Macy un mostro di personaggio e di bravura, autentica personificazione del malessere catturato da Mamet e tradotto in sceneggiatura. Poi accanto al protagonista una galleria di attori che passano da Joe Mantegna a Mena Suvari, da Julia Stiles a Bai Ling, da Denise Richards a Rebecca Pidgeon, tutti in piccoli ruoli, camei che ruotano attorno a lui, a Edmond, miserabile uomo perbene che un appuntamento rimandato ha trasformato. Un mostro banale, non da film dell'orrore, ma di quelli che si incontrano ovunque. Anche davanti a uno specchio.