POLITICA & SOCIETÀ

«L'Unità» in sciopero contro la proprietà

SBARIGIA GIULIA,

L'8 marzo 2006 L'Unità scelse il colore rosa per andare in edicola: la banda dei sommari sotto la testata, l'apostrofo e l'accento per un giorno abbandonarono il rosso per accendersi di pink. Oggi invece L'unità non esce, è il primo sciopero interno dalla resurrezione del 2001 e le pagine preparate per la festa della donna andranno a ammuffire. Una scelta ponderata quella dei redattori che da mesi lavorano nell'incertezza, «Ma non è una vertenza politica né di categoria - Umberto De Giovannangeli del cdr sgombra il campo da possibili illazioni - è esclusivamente professionale, perché vogliamo che questo resti un primo giornale e non si riduca a un foglio d'opinione». Il quotidiano diessino fondato da Antonio Gramsci perde copie, almeno 6-7mila nell'ultimo anno, ora se ne vendono circa 53-54 mila e lo spettro del 2000, quando L'Unità chiuse perché era «Finito il grande sogno» (così titolava l'ultima pagina nel giorno dell'addio), si aggira per la redazione. Stare al governo è più difficile che fare opposizione, ora come allora. A via Benaglia - la sede di via due Macelli è stata abbandonata a natale - si attendono indicazioni su progetti, investimenti e linea editoriale, ma la proprietà (Nuova iniziativa editoriale) sceglie il dribbling e rimanda di giorno in giorno le risposte. Il recente incontro con Marialina Marcucci, azionista e presidente della testata, non ha soddisfatto nessuno.
Per poter comunicare ai lettori i disagi di questi ultimi tempi i redattori volevano addirittura comprare una pagina di pubblicità del loro giornale. Gli editori, però, hanno detto niet. Ma come, si saranno chiesti, è stata pubblicata persino l'inserzione della lista civica «Pomigliano democratica» che se la prendeva con il senatore di Rifondazione Tommaso Sodano proprio mentre Prodi contava i voti di fiducia a palazzo Madama? Sul numero di ieri c'era invece il comunicato sindacale firmato nome e cognome da tutti i giornalisti, dai vicedirettori ai redattori ordinari: «In queste ore la proprietà dell'Unità sta decidendo i destini della testata. Noi non possiamo dirvi, ora, se questo giornale rimarrà in edicola in futuro sette giorni su sette; non sappiamo se allo stallo degli ultimi sei mesi si sostituirà una fase di rilancio», si legge a pagina 4. Non chiedono la luna i pronipoti di Gramsci, ma «un progetto vero». Riduzione della foliazione, chiusure anticipate, con il rischio di perdere le notizie delle sera tardi, assenza in edicola il lunedì - «dai tempi del vecchio Antonio, crisi del 2000 a parte, siamo sempre usciti 7 volte su 7», dicono dal cdr - incertezze che pesano e fanno prosperare le voci di corridoio: l'indiscrezione pubblicata da Libero di una possibile vendita del giornale a Giovanni Consorte, nessuno alla Nie si è preoccupato di smentirla.
Il piano industriale, 500 pagine elaborate da una società esterna di consulenza, la Value Partners, è già nelle mani del consiglio d'amministrazione dal 21 febbraio, racconta Fabio Luppino del cdr, ma dai piani alti continuano a fare scena muta: «Siamo in una situazione di stallo, mancano chiarezza e trasparenza».

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