Più di venti morti civili in ventiquattr'ore, e due stragi targate Nato che pesano come macigni sulla «missione di pace». La guerra in Afghanistan aumenta di intensità e si sta estendendo anche nelle regioni settentrionali e occidentali.
Domenica notte un gruppo di miliziani armati ha attaccato una base Nato nella provincia di Kapisa, a nord della capitale Kabul, dove da alcuni giorni è in corso un'operazione militare delle forze della coalizione. I soldati Isaf hanno risposto al fuoco e hanno fatto intervenire i bombardieri B-1 che, poco dopo, hanno colpito un'abitazione civile. Il bilancio, secondo il vice governatore provinciale Mohammad Dawood Hashimmi, è di nove civili morti: sotto le macerie della casa di paglia e fango sono rimasti un uomo, cinque donne e tre bambini tra i sei mesi e i cinque anni. Per il comando della Nato la colpa è dei talebani che dopo avere colpito le truppe straniere si sarebbero ritirati proprio in quella casa, «mettendo a repentaglio la vita degli innocenti». Gli abitanti della zona hanno invece puntato il dito contro gli ordigni da 900 chili che hanno raso al suolo l'abitazione, mescolando fango e bambini. La polizia locale ha riferito che domenica, sempre nella provincia di Kapisa, cinque civili afghani sono morti dopo essere stati coinvolti in uno scontro a fuoco tra truppe Isaf e miliziani armati.
E così la guerra è arrivata anche in una provincia considerata «tranquilla», a poche decine di chilometri dalla capitale. I morti di Kapisa seguono di poche ore un'altra strage compiuta dalle forze Nato nella provincia orientale di Nangarhar. Sabato scorso, lungo la strada per Jalalabad, almeno dieci civili - ma sarebbero sedici secondo altre fonti - sono stati uccisi dai soldati statunitensi che hanno aperto il fuoco sulle automobili di passaggio, sparando dalle mitragliatrici a 360 gradi. Il loro convoglio, sembra, era stato attaccato da un attentatore suicida, ma la dinamica di quel che è successo dopo è ancora da chiarire: il comando Nato da principio ha smentito la sua partecipazione ma poi è arrivata la conferma degli americani (se non è zuppa...). Tutte le testimonianze della popolazione locale parlano di grilletto facile, di ore di follia dei soldati Usa, di rappresaglia contro i civili. Perfino il presidente Karzai ha espresso una «forte condanna». Le truppe straniere hanno minacciato i reporter afghani di Associated Press e distrutto il materiale che avevano girato sul luogo dell' «incidente».
La Nato intanto continua i raid aerei nel sud del paese. I bombardieri B-1 hanno sganciato ordigni da 900 chili contro le «postazioni nemiche» vicino a Kajaki, nella provincia meridionale di Helmand. Un altro raid di B-1 ha invece colpito il distretto di Sangin, nella stessa provincia, dove sabato due soldati britannici erano stati uccisi da un razzo. E continuano anche gli scontri a fuoco: gli abitanti di Grishk, poco a nord della capitale provinciale di Helmand, Lashkargah, riferiscono che otto civili sono rimasti uccisi nel corso di due giorni di combattimenti tra miliziani talebani e truppe britanniche.
La guerra dilaga, e ogni strage di civili non fa che aumentare l'ostilità e l'insofferenza verso la presenza militare straniera, che ormai è percepita come un'unica entità. Gli afghani non fanno distinzione fra i soldati Usa e gli altri contingenti: ormai sono tutti «stranieri», o tutti «americani». E a ben vedere non hanno torto, da quando le truppe di Enduring Freedom e quelle di Isaf sono sotto lo stesso comando unificato. Intanto, fonti vicine agli ambienti militari mettono in guardia sul rischio attentati: potremmo essere alla vigilia di un'ondata di attacchi con auto-bomba e biciclette-bomba, diretti contro le strutture governative afghane. Secondo la stessa fonte ci sarebbero a Kabul 25 kamikaze pronti a colpire i ministeri nelle prossime ore. E la polizia afghana ha annunciato di avere arrestato nella capitale, alla fine della scorsa settimana, altri sei uomini che programmavano attentati suicidi.
Dall'inizio del 2007, tra bombardamenti, scontri a fuoco e attentati, il conflitto in Afghanistan ha già ucciso più di 600 persone. Il tragico bilancio di una «guerra finita».