VISIONI

La Rai bacchetta Baudo e SuperPippo chiede scusa

SBARIGIA GIULIA,

L'impasse della Rai, con le nuove nomine che molti attendono e che non arrivano, il braccio di ferro per la direzione di Raidue, picconate e polemiche: tutto scivola nel dopofestival. La kermesse è finita ormai da quattro giorni, Ti regalerò una rosa, del vincitore Cristicchi, va forte al supermercato, ma a nessuno importa più. Pippo Baudo è ormai proiettato oltre l'Ariston: «Il problema è Angelo Maria Petroni: è un'anomalia. È stato nominato dal ministro Tremonti e avrebbe dovuto lasciare con il nuovo governo. Invece sta là. È tutto bloccato». La battuta è un gancio ben assestato al cuore del problema e un amo lanciato al direttore generale della Rai. Claudio Cappon da troppo tempo ha in tasca il foglietto con le nomine urgenti (Raidue, Rai cinema, Rai sat), ma non può tiralo fuori finché il centrodestra continua a prendere tempo sul caso del consigliere scelto dal precedente ministro del tesoro e i diessini non rinunciano a qualche pretesa. Giovedì si riunisce il cda di viale Mazzini e potrebbe concludersi con l'ennesimo nulla di fatto. Se la Lega deve cedere la seconda rete all'uomo Mixer e a Raitre c'è Paolo Ruffini, alla Cdl resta Raiuno, ma Bossi non la prenderebbe bene e comunque rinunciare alla rete ammiraglia sarebbe un autogol imperdonabile per l'Unione. «Prodi voleva Minoli a Raidue, ma vedrete che non passa», interrogato all'aeroporto di Nizza, Baudo sintetizza così il concetto.
Il fatto è che Cappon non abbocca all'amo e insieme al presidente della Rai Petruccioli firma una missiva indirizzata al conduttore. Insomma «Caro Baudo grazie e congratulazioni per il grande risultato e la qualità del festival di Sanremo», ma non ti allargare. La bacchettata a Prodi «che vorrebbe privatizzare la Rai», l'esternazione sul ddl per la riforma del sistema televisivo firmato da Gentiloni e quest'ultima dichiarazione sul cda, scappata al gate in attesa del volo di ritorno, hanno scatenato l'inferno. Un caso di «megalomania televisiva - lo definisce Maurizio Gasparri, ma è ovvio che si riferisce solo alla battuta su Petroni - Non sapevo che Pippo Baudo contasse più del parlamento e della legge». Sanremo 57 è piaciuto a tutti, ma il dopo festival (Chiambretti a parte) quasi a nessuno.
L'invito dei pezzi grossi della Rai è una «reprimenda» per i giudizi «inopportuni e non accettabili» che al conduttore «sono stati attribuiti su iniziative legislative concernenti la Rai, sulla composizione del cda e su illazioni relative alle nomine». E ancora: «Prendiamo atto delle sue successive precisazioni secondo cui le dichiarazioni riferite non rispecchiano il suo pensiero», un tuffo carpiato con le parole per contenere l'esuberanza da share di SuperPippo (l'ultima serata ha totalizzato il 50%), e infatti, continua la lettera: «Le ricordiamo comunque che su questi argomenti l'azienda è la sola titolata a esprimersi attraverso i suoi organi, e nelle sedi proprie. E coloro che hanno con la Rai rapporti professionali sono tenuti a precisi obblighi di cautela». Sul caso intervengono anche i parlamentari Riccardo Villari (Margherita) e Tommaso Sodano (Rifondazione) che accusano il conduttore di perseguire interessi privati approfittando della grande attenzione mediatica riservata a Sanremo: «Sarebbe interessante sapere se esiste una penale sul contratto di Pippo Baudo», scrivono in una nota.
Baudo allora torna a Canossa e accusa i giornalisti di avergli rubato una frase detta in tono informale tra valige, partenze e arrivi. «Il mio ruolo di collaboratore con la Rai, verso la quale nutro profondo attaccamento, non mi autorizza a indicare al legislatore le linee opportune da seguire né tanto meno a sostituirmi ai vertici aziendali Rai verso i quali ho profondo rispetto», assicura e chiede «scusa se qualche mia dichiarazione sia stata fraintesa e interpretata in maniera irrispettosa nei loro confronti».

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