INTERNAZIONALE

India, un massacro sul treno della pace

GUERRISI TIZIANA,

Torna la paura in India dopo l'esplosione di alcuni ordigni a bordo di un treno diretto in Pakistan, l'ultima ombra sul processo di pace tra Nuova Delhi e Islamabad. Un attentato - come è stato da subito definito dalle autorità indiane - costato la vita a 66 delle 527 persone a bordo del Samjhauta Express (750 secondo la Bbc), il «treno dell'amicizia» che corre da anni sull'unica tratta ferroviaria che unisce i due stati rivali. Ma la conta delle vittime - in maggioranza pakistane, perché per lo più pakistani sono i passeggeri del treno - resta provvisoria, avvertono fonti locali, per le condizioni critiche di almeno 15 tra gli oltre 60 feriti.
Secondo le prime ricostruzioni il treno, partito dalla capitale indiana domenica sera e diretto nella città pakistana di Lahore, aveva percorso poco più di un centinaio di chilometri quando, nel distretto di Panipat (a Deewana), due bombe sono esplose dilaniando uno dei vagoni. Ordigni rudimentali, accompagnati da una miscela di liquidi altamente infiammabili che in pochi secondi hanno trasformato le carrozze in un rogo. Molte delle vittime sono morte avvolte dalle fiamme. Ma per i passeggeri lontani dalle uscite di emergenza le sbarre ai finestrini sono state fatali, impedendo la fuga. Sarebbe andata anche peggio se una terza bomba, finita sui binari, non fosse rimasta intatta e disinnescata dai primi artificieri arrivati sul posto. Si tratta di una valigia carica di 15 bottiglie di plastica piene di liquidi infiammabili, con un detonatore collegato a un timer elettrico e una busta piena di zolfo. Una preparazione piuttosto artigianale, dai materiali poveri che farebbe pensare, secondo la polizia, a un'azione realizzata da gruppi locali.
La notizia del massacro è arrivata come una doccia gelata nel bel mezzo delle impervie trattative di pace tra India e Pakistan. E se la polizia, in mancanza di una rivendicazione ufficiale, resta piuttosto abbottonata, rimandando ogni conclusione ad ulteriori indagini, le reazioni politiche non si sono fatte attendere. «Un atto terroristico» ha prontamente esordito il governo di Nuova Delhi, mentre da Islamabad il presidente Parvez Musharraf ha subito cercato di sedare gli animi. «Bisogna andare avanti imperterriti con il processo di pace impedendo a elementi che vogliono sabotare l'avanzata del processo di pace di avere successo nei loro nefasti progetti», si è affrettato a dichiarare il presidente. Il Pakistan, insomma non ha intenzione di cadere nella trappola del terrorismo, come conferma anche la scelta di proseguire sulla pista diplomatica a partire dall'imminente viaggio della diplomazia pakistana in India. Il ministro degli esteri Khursheed Mehmood Kasuri ha infatti confermato la sua visita ufficiale a Delhi, dove da oggi fino a venerdì sarà impegnato in una serie di colloqui con i governanti locali. Ma le tensioni restano, e non manca qualche dichiarazione critica, come quella della portavoce del ministro, Tasnim Aslam: «E' responsabilità delle autorità indiane garantire la sicurezza sui treni all'interno del loro territorio. Ci attendiamo che i colpevoli siano puniti».
Il fatto che la quasi totalità di vittime siano pakistane non fa che rendere ancora più delicate le congetture sulla paternità dell'attentato. All'inizio, infatti, i sospetti di entrambi i governi si sono concentrati su Lashkar-e-Toiba e Jaish-e-Mohammad, i due più noti gruppi militanti islamici, dichiarati illegali da Musharraf e considerati da molti i responsabili di diversi attentati terroristici degli ultimi anni, a partire dalle bombe che l'11 luglio scorso a Bombay causarono oltre un centinaio di vittime. Eppure molti sollevarono già allora più di un dubbio sulla pista islamica. Non solo per la condanna immediata di un portavoce di Lashkar-e-Toiba, ma anche per la capacità organizzativa dimostrata dagli attentatori, secondo alcuni superiore ai mezzi a disposizione. E proprio sulle tecniche usate nell'attentato si torna a parlare oggi per cercare di svelare i dubbi di queste ore. «The Hindu parla dell'uso di nuovi esplosivi nell'attentato sul Samjhauta Express» racconta Alessandra Consolaro, del gruppo Asia Maior e docente all'università di Torino. «Se così fosse, si potrebbe anche pensare ad attori nuovi rispetto al passato, o quantomeno a un salto di qualità nelle tecniche da parte dei gruppi armati più noti». L'attentato di domenica notte potrebbe ridare fiato al fronte anti-pakistano in India, ma la strada del dialogo sembra reggere. Almeno per il momento, visto come sono scivolate via le ore più calde del dopo-attentato, senza la minaccia di chiusure pericolose. «E con molta probabilità sarà così anche nel lungo periodo» prosegue Consolaro, «anche perché mettere a repentaglio il processo di pace oggi non conviene né a Delhi né a Islamabad».
*Lettera22

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