CAPITALE & LAVORO

Provvedimento incostituzionale

Liberalizzazioni
ROMANO ROBERTO, TAJANI CRISTINA,

L'apertura dei mercati a livello internazionale ed in particolare nell'area Ocse inizia a partire dai primi anni '90, fino a raggiungere livelli mai registrati prima nel corso del 2003. Tutti i settori sono stati interessati da questo fenomeno: dalla telefonia all'energia. I benefici (economici) non sono ancora stati calcolati, ma la relazione più apertura dei mercati uguale più sviluppo non solo non è confermata, piuttosto si hanno dei casi in cui vale esattamente il contrario.
È del tutto evidente che la storia dei singoli paesi, il target del livello economico e sociale conseguito, la necessità di «regolare» il mercato in taluni settori, condizionano l'equilibrio tra «regolazione» ed «apertura» del mercato stesso. Se dovessimo stare alle indicazioni offerte dall'Ocse, l'Ue dovrebbe avere tassi di crescita tra i più alti del mondo in ragione dello sforzo realizzato per aprire i mercati, ma questo non si è verificato, almeno non in tutti i paesi di area Uem-Up. Rimane comunque alto l'indice delle riforme tese ad aprire il mercato.
Il ruolo europeo nell'apertura del mercato internazionale ed interno è significativo. Secondo l'Ocse è proprio l'Ue ad avere i «migliori" indicatori di apertura del mercato rispetto a tutta l'area. Questo processo è partito nel 1980 per quanto riguarda il mercato interno, fino ad allargarsi negli anni seguenti. La costruzione dell'Ue ha in qualche modo favorito l'apertura dei mercati, in particolare tra gli stati membri, unitamente alla moneta unica.
Se consideriamo «il progetto» europeo nel suo insieme e le implicazioni di ordine economico, finanziario e normativo, il primato dell'Ue sugli altri paesi Ocse è «fisiologico». Naturalmente all'interno dei paesi Ocse e Ue i livelli di apertura del mercato non sono identici. L'Italia ha indicatori di apertura del mercato significativamente più alti di alcuni paesi europei e rispetto alla media Ocse.
Per esempio, nel campo dei business service è pari a 0.022 (zero significa massima apertura) mentre la media Ocse è pari a 0.152; nel campo delle telecomunicazioni l'apertura del mercato per l'Italia è pari a 0.072, mentre la media Ocse è 0.152; per il trasporto l'Italia ha un indice pari a 0.199, contro lo 0.299 del'Ocse; nel settore energetico l'Italia ha un indicatore pari a 0.122, contro una media Ocse di 0.326. Se il livello di apertura del mercato in Italia è così alto, perché il Progetto di legge di Lanzillotta?
Questo Pdl è caratterizzato da un indicativo livello di «rozzezza», unitamente ad un livello d'ideologismo che non ha precedenti. La «concorrenza» nella carta Costituzionale è indicata una sola volta, e quando è indicata non è un principio. In questo senso l'art.1, comma 1 del disegno di legge «Lanzillotta» è non solo ideologico, ma sbagliato. La stessa «sussidierietà», indubbiamente indicata come principio nella novella Costituzione in due casi, è utilizzata nel disegno di legge Lanzillotta in modo fuorviante e non per la materia che tratta il provvedimento. Infatti, la dicitura del disegno di legge delega «La legge definisce le procedure atte a garantire che i poteri sostitutivi siano esercitati nel rispetto del principio di sussidiarietà e del principio di leale collaborazione» fa capo all'art. 120, in pratica ai poteri sostitutivi dello Stato.
Se la politica economica è l'insieme degli interventi con i quali le autorità pubbliche indirizzano il sistema economico verso la realizzazione di determinati obiettivi, lo Stato può fare a meno di una presenza in determinati settori strategici? Quando non è possibile assicurarsi il raggiungimento degli obiettivi, appare logica la produzione in ambito pubblico o dove il pubblico esercita un ruolo «strategico». Non a caso i servizi pubblici locali da un decennio oscillano tra un destino privatistico o in house.
Indubbiamente i servizi pubblici locali devono far fronte al nuovo ambiente europeo, cioè delle dimensioni di scala adeguate per «misurarsi» con i competitor europei in ragione dell'apertura del mercato, ma la liberalizzazione e la dismissione non sono l'unica strada percorribile. L'interesse pubblico ha ancora una rilevanza giuridica e politica dirimente.
Sostanzialmente il governo Berlusconi tendeva a tutelare gli interessi particolari degli Enti locali, mentre la proposta Lanzillotta tende ad assegnare alla concorrenza il ruolo d'indirizzo del cosa, come e per chi produrre.
Ma l'aspetto più inquietante del provvedimento è l'art. 3. La tutela del servizio passa attraverso una «carta dei servizi» e il riscontro dello stesso servizio attraverso dei sondaggi presso gli utenti. Al di là della difficoltà di rescindere un contratto stipulato, rispetto al quale le società possono in ogni modo avanzare più di un'obiezione, resta incomprensibile l'affidamento a dei sondaggi la valutazione di un servizio. Inoltre, mai per legge la valutazione di un servizio pubblico è stata assegnata ad un sondaggio.
Le autorità, nella pubblicistica, hanno un ruolo rilevante nel garantire condizioni di mercato soddisfacenti, ma l'analisi dell'operato delle autorità esistenti conduce a sollevare più di un dubbio. Troppi sono i condizionamenti (politici, economici e di cartello) per assegnare alle stesse authority, tra l'altro non si capisce a quali autorità si fa riferimento, un ruolo di vigile.

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