POLITICA & SOCIETÀ

Ratzinger e Ruini, attenti a quei due

DE CILLIS MIMMO,

Attenti a quei due. La coppia Raztinger-Ruini è ormai un sodalizio collaudato che ha deciso di sbarrare la strada al ddl sui Dico. Portando la chiesa italiana a combattere una crociata da cui rischia di uscire con le ossa rotte. Comunque vada il dibattito parlamentare. Anche nella sciagurato caso in cui - grazie alle pressioni indebite e alle genuflessioni dei politici italiani - il ddl Bindi-Pollastrini non ottenesse l'approvazione del senato. Sarebbe comunque una «vittoria di Pirro» per i due paladini cattolici: l'effetto a livello sociale, infatti, sarebbe quello di allargare il divario fra laici e cattolici, far risorgere punte di anticlericalismo, ma soprattutto dare agli italiani l'immagine di una chiesa retriva, intollerante, integralista, pronta a esercitare il suo potere lobbistico per penalizzare i cittadini. Sarebbe una chiesa che esercita una insopportabile interferenza e che sceglie la via dell'imposizione violenta piuttosto che quella della misericordia e dell'umiltà.
Il rischio è quello di aumentare l'emorragia dei giovani dalle parrocchie, di ritrovare - in un'ottica pastorale che dovrebbe essere prioritaria - nuova diffidenza, sfiducia, distanza da parte delle coppie, dei fidanzati, degli stessi cittadini cattolici: perché esistono oggi fedeli, ma anche sacerdoti, religiosi e vescovi, che pensano al rapporto chiesa-società secondo l'immagine evangelica del «lievito nella massa» (ribadito nel documento conciliare «Gaudium et spes»), e non secondo un modello di stato confessionale, che emani leggi ispirate alla morale cattolica. «Attenti a quei due», allora, perché il tentativo di alzare la temperatura del dibattito sui Dico farà male allo stato ma anche alla stessa chiesa.
Il sodalizio ieri ha sferrato l'ennesimo attacco congiunto. Ratzinger, intervenuto al Congresso internazionale sul diritto naturale promosso dalla Pontificia università lateranense, è partito affermando che «non si debbono trasformare in diritti quelli che sono interessi privati o doveri che stridono con la legge naturale». Applicazione concreta di questo principio - ha spiegato - si trova guardando la famiglia che «ha la sua stabilità per ordinamento divino. Nessuna legge può sovvertire la norma del Creatore senza rendere precario il futuro della società con leggi in netto contrasto con il diritto naturale». L'insistenza del papa è, anche in questo caso, sul «diritto naturale», argomentazione che, a suo dire, dovrebbe incontrare il consenso anche del mondo laico, dei non credenti.
A nulla sono valse, finora, le rassicurazioni dei cattolici vicini alla maggioranza di governo sul fatto che il ddl non intende scardinare la famiglia. La chiesa non ci sta e non digerisce, soprattutto, la possibilità del riconoscimento delle coppie gay. Sono loro quelli «contrari alla legge naturale», dunque fautori di relazioni immorali e inaccettabili. Si tratta di materia «non negoziabile», come quando si parla di vita, embrioni, eutanasia: e Benedetto XVI ieri lo ha ripetuto, ricordando che se «si affrontano i temi etici senza riferimento al diritto naturale», si diventa «incapaci di vedere la ragione creatrice».
La sponda perfetta per Ratzinger è giunta dal card. Camillo Ruini che ieri, a margine di un convegno dell'Opera romana pellegrinaggi, ha preannunciato una formale presa di posizione della Conferenza episcopale italiana: «Sui Dico potrà essere utile che più avanti la chiesa si esprima in modo impegnativo per coloro che seguono il suo insegnamento e chiarificatore per tutti». «Su queste cose - ha sottolineato - sono già state dette da parte nostra tante cose importanti e, credo, quanto era necessario». La nota ufficiale delle Cei sarà «una parola meditata, ufficiale, accreditata e impegnativa per coloro che accolgono il magistero della Chiesa». Una nota, insomma, che non lascerà scampo.
*Lettera22

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