CULTURA

A Seravezza, gli scatti «maledetti» dell'americano Joel-Peter Witkin

DI GENOVA ARIANNA,

C'è Venere che arriva su una conchiglia dal mare, come nel celebre quadro di Sandro Botticelli. Ha i capelli mossi dal vento, un viso fiabesco ma il corpo della dea della bellezza non è quello cui siamo abituati. Appartiene a un trans, è ermafrodito e racchiude nella sua complessità il ciclo dell'eros. Altre volte, sul set gotico allestito dal fotografo Joel Peter Witkin, finiscono individui bollati come «freaks», corpi mutilati e negli studi di posa arrivano anche cadaveri che lui, pazientemente, «trucca» per lo scatto.
L'americano Witkin, classe 1939, rivisita la storia dell'arte mondiale - Goya, Picasso, Velasquez ma anche Giotto, i pittori barocchi e i surrealisti come Ernst - con una serie di inquadrature sempre in bilico fra la perfezione e il raccapriccio. Artista a modo suo «crudele», pronto a ribadire la mortalità dell'essere umano in immagini dal fortissimo impatto emotivo che prendono in prestito icone intoccabili, da ieri, questo fotografo «maudit» è il protagonista della IV edizione di Seravezza Fotografia, con una esposizione presso Palazzo Mediceo, che lo risarcisce di una lunga assenza dall'Italia. Visitabile fino all'8 aprile prossimo, la mostra - che include nel suo percorso 54 opere - è stata organizzata in collaborazione con l'agenzia Photology di Roma. Teatro puro, che apre squarci di bruttezza indicibile e colpisce direttamente al cuore, il sipario che alza Witkin viene spesso contestato e tacciato di mostruoso voyeurismo. Eppure, da anni, è una star delle gallerie di tutto il mondo e le sue fotografie hanno quotazioni di tutto rispetto.
A chi gli chiede il motivo di tanta morbosità per morte, vecchiaia, deformità fisica, caducità della vita, Joel-Peter Witkin racconta che tutto cominciò quando, poco più di un bambino, fu testimone di un incidente di macchina avvenuto davanti la sua casa e vide il corpo di una ragazza decapitata. Non poco deve aver influito sul lato dark e claustrofobico della sua estetica anche l'essere stato fotografo di guerra in Vietnam, dal 1961 al 1964. Solo dal '67, infatti, Witkin scelse di diventare freelance e iniziò ad esplorare le tecniche dei dagherrotipi, popolandoli di un universo dai contorni horror che indagava su emarginazione e sensi di colpa religiosi.
Oltre alla mostra principale, la rassegna «Seravezza Fotografia» proporrà anche alcune iniziative collaterali. In un fitto calendario, sono previsti incontri, seminari, dibattiti con autori e anche un itinerario con lavori fotografici di vari artisti, allestito negli spazi del Palazzo Mediceo, della Cappella Medicea, la Sala Cope e la Sala Fontana.

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