VISIONI

L'Africa sgargiante dell'artista Chéri Samba

DI GENOVA ARIANNA,

La sua arma migliore, per raccontare l'Africa contemporanea, è l'ironia, condita però da un sano gusto popular. È così che Chéri Samba, classe 1956, artista nato nel Basso Zaire, a Kinto M'Vuila, oggi Repubblica Democratica del Congo, ha deciso di affrontare due problemi come l'arte e la comunicazione, riconducendoli a un'unica, comune radice. I suoi sono dei tableaux simili a fumetti dove con una pittura intensa, sgargiante, e alcune scritte da cartoon, si narrano i fatti che avvengono nel suo paese. Quelli quotidiani e privati - gioiosi o drammatici - e quelli collettivi, come la piaga dell'Aids che flagella diverse generazioni, le lotte fratricide, l'arricchimento indiscriminato di alcuni ai danni di molti.
Alla Galleria Emilio Mazzoli di Modena, fino al 31 gennaio, è possibile fare la conoscenza con l'interessante galleria di dipinti di Chéri Samba. Sono venti le opere esposte in una personale curata da Sergio Risaliti, un inno al colore e alla storia del continente nero. Samba - ma il suo vero nome è ben più complicato - ha cominciato a mostrare i quadri appendendoli ai rami di un albero a Kinshasa, proprio in mezzo a un incrocio stradale. Poi, ha continuato a dipingere e lo ha fatto sui supporti che gli capitavano a tiro, dai sassi ai pezzi di legno. «Sono nato artista - dice - Non ho bisogno di nessuno per sapere quello che devo o non devo fare». Da ragazzino, imitava le strisce dei fumetti della rivista Jeunes. Nel tempo, personalizzava le figure e inventava nuovi eroi metrolitani. Spruzzava parole e messaggi fra uomini, donne e bambini africani. Intanto, appena sedicenne, si occupava dei giardini e allevava pesce da vendere cercando di mandare avanti la sua famiglia. Un giorno ha deciso di cambiare il corso della sua esistenza. Un solo sogno, fare il self-made-man, lanciandosi alla ricerca di un proprio stile che gli permettesse di inventarsi un mestiere, a prescindere dagli studi. Apprendistato presso il disegnatore Apuza e poi il salto, nell'atelier del suo «mito», Mbuta Masunda, illustratore specializzato nella scrittura. È nel 1975 che Samba, separatosi da Masunda, parte definitivamente per la sua strada.
Le prime opere si affacciano al successo, o meglio c'è voluto qualche «ritocchino». «Le persone - confessa Samba - passavano davanti ai miei quadri ma non si fermavano, li guardavano con la coda dell'occhio. Allora mi sono detto: 'se metto un po' di testo, tutti saranno obbligati a destinare più tempo ai miei lavori per poterli capire. È nata così quella che io chiamo la 'griffe sambaiana'». La sua arte, molto sulla scia dei cartoonist, è piaciuta anche in occidente dove Samba è diventato, fin da metà degli anni Ottanta, un maestro conosciuto.
Ma lui, oggi, ha un grande rammarico. Sa che il suo pubblico naturale è quello che abita a Kinshasa ma lì nessuno ha i soldi per comprare le opere. «I miei quadri vanno tutti all'estero. Prima li attaccavo davanti al mio studio, ora non è più possibile», spiega durante un'intervista rilasciata a un altro artista, Gian Marco Montesano.

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