VISIONI

Italia indipendente in salsa olandese

CORZANI VALERIO,Groningen

L’edizione numero 20 del Noordeslag Weekend di Groningen ha sposato l’Italia. Verrebbe da sottotitolare pomposamente come in questo caso «il calore della musica italiana abbia scaldato la fredda Groningen». In effetti quest’anno le temperature polari e il ghiaccio che caratterizzano solitamente il bollettino meteo olandese nel mese di gennaio, sono state sostituite dal vento e dalla pioggia e da queste parti è già come parlare di un inverno mancato. Con ogni probabilità è solo colpa dell’effetto serra. Nessuna ingerenza dunque nella questione meteo da parte della folta pattuglia di gruppi convocati per animare il «Focus on Italy», ma certo qualche responsabilità nell’innalzamento della temperatura emozionale.

Una ventina di set concertistici piazzati in due giorni di programmazione in giro per la città; un intero pomeriggio di approfondimenti e presentazioni riservati alla nostra scena musicale all’interno del centro culturale che ospita i panel di questa kermesse, De Oosterpoort. Un’occasione importante coordinata dalla Fondazione Arezzo Wave e nella quale hanno giocato un ruolo propositivo anche l’ambasciata italiana in Olanda, il Mei di Faenza, Rai Radio2 e un tornito drappello di label e management italiani. Quanto i semi piantati all’interno di questo mega raduno nordeuropeo della scena emergente e indipendente di matrice rock-pop, riusciranno a germogliare, crescere, dare frutti è una questione ancora tutta da verificare. Le gelate che il meteo riserverà alle piante in Italia, potrebbero, come spesso è successo in passato, coinvolgere anche i virgulti sonori. In questo caso occorre perlomeno rilevare che la nostra abituale tendenza ad arrivare «sparpagliati alla meta» sia stata volenterosamente messa da parte. E gli operatori europei che avessero avuto curiosità e progetti, si sono trovati di fronte perlomeno alcuni punti fermi su cui contare per inventarsi partnership e perlustrare il nostro mercato. Nel frattempo gli operatori hanno già preso nota di alcuni gruppi interessanti che si sono esibiti a Groningen.
Nella tribuna aperta che decreta solitamente le classifiche di gradimento dei vari live da parte dei Direttori Artistici dei più importanti festival europei, hanno raccolto buoni apprezzamenti e segnalazioni band navigate come gli Zu, gli Hormonauts, i Sud Sound System, i Mau Mau, gli Yo Yo Mundi e gruppi nuovi come Tying Tiffany e Hot Gossip. A Groningen c’erano anche Marlene Kuntz, Linea77, Julie’s Haircut, Super Elastic Bubble Plastic, Disco Drive, Montefiori Cocktail, Mr.T-Bone, Ephel Duath, Sonothèque, Minimono, oltre ai dj Luca Bacchetti e Alex Neri. Altri semi, piantati in questa serra privilegiata, in questa vetrina fiamminga frequentata da più di 1800 addetti ai lavori. Resta il fatto, abbastanza scandaloso, di come l’Italia sia rimasta uno dei pochi stati europei a non avere un organismo ufficiale (sovvenzionato dal governo) che si occupi di «esportazione della musica».
Superata in questo senso non solo dalla Francia, dalla Norvegia, dalla Spagna (e questo magari ce lo potevamo anche aspettare), ma perfino dall’Islanda, dalla Bulgaria e dalla Finlandia. Tra qualche giorno inizia il Midem di Cannes, altro appuntamento clou dell’industria musicale e altra occasione per verificare se qualcosa dalle nostre parti, anche dal punto di vista istituzionale, si sta davvero muovendo.
Ma l’esportazione della musica italiana non era l’unico tema che agitava i pomeriggi di Groningen. Nel tradizionale spazio dedicato agli approfondimenti e agli incontri, che insieme ad una tornita sezione di concerti completa da sempre il carnet del Noordeslag Weekend, si è parlato anche di distribuzione digitale, sound design per i videogames, tattiche del booking e di futuro della radio. I concerti in totale erano invece più di 140, distribuiti in un caravanserraglio incredibile (per una città grande più o meno come Modena) di club, sale, auditorium, teatri. Raccontarli tutti diventa impossibile, ascoltarli tutti era altrettanto impensabile.
Nel calderone dalle mille esibizioni, abbiamo incontrato almeno un drappello di proposte interessanti, lontane dal mainstream: il duo portoghese (chitarre e basso) dei Dead Combo, capaci di arredare fascinosi salotti sonori che richiamano il Neil Young di Dead Man, Ennio Morricone e Carlos Paredes; l’irlandese Julie Feeney e la finlandese Islaja, due voci ammalianti, due set diversi tra loro ma che devono entrambi qualcosa all’avanguardia e qualcosa al folk; il nuovo live set di Joakim, dj francese che ha trovato una sua via personale al trattamento della cosiddetta electro; la commistione di fanfara e hardcore dei russi Leningrad, con tutta la loro eversiva e ruggente frenesia.
Ve le segnaliamo in chiusura, a mò di post-it. Ne risentiremo sicuramente parlare.

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