Il Primo Ministro etiope Meles Zenawi nel pomeriggio di ieri ha incontrato alcuni giornalisti stranieri ne suo ufficio di Harat Kilo, nel centro di Addis Abeba, un giorno dopo i raid aerei americani sulla Somalia meridionale, e mentre ancora le truppe etiopi stanno effettuando operazioni militari su tutto il territorio somalo. Ecco cosa ha risposto alle domande del manifesto.
Primo Ministro, cosa commenta riguardo ai raid americani? Sono stati un'operazione congiunta con le forze etiopi?
No. Ovviamente mi risulta che gli Stati uniti abbiano informato le nostre forze sul terreno, per evitare problemi di fuoco-amico, ma non ci è stata chiesta alcuna approvazione. D'altronde, non è a noi che si doveva chiedere il consenso, ma al governo provvisorio somalo. Si è trattato di un'opportunità unica per colpire alcuni terroristi, localizzati dall'intelligence americana. Le nostre forze erano troppo lontane dall'obiettivo per colpire in tempi rapidi, dunque gli Stati uniti hanno usato le loro capacità logistiche per intervenire. I terroristi si stavano spostando rapidamente, dunque c'era necessità di una risposta altrettanto rapida.
Ci sono reparti speciali americani che stanno operando sul terreno assieme ai vostri militari?
Non mi risulta assolutamente che vi siano reparti speciali americani. Hanno utilizzato solo la forza aerea. Per quel che riguarda l'intelligence, ovvio che stiamo cooperando.
Non crede che l'intervento aereo americano crei ora problemi all'Etiopia e al governo provvisorio somalo (Tfg)?
Tutto dipende dalla qualità dell'intervento. Se le informazioni sono credibili, si colpisce l'obiettivo e non si causano vittime collaterali, allora non ci sono problemi. Ma c'è una cosa su cui voglio essere chiaro: io preferisco che le nostre truppe continuino il lavoro sul terreno. I miei uomini in questo modo sanno esattamente chi colpire e evitano di attaccare i civili. L'attacco americano al momento non ci crea problemi. Ma non deve diventare una pratica abituale. spero che gli Stati uniti saranno molto selettivi, se ripeteranno i raid.
Che notizie ha sull'esito dei raid?
Anzitutto, io ho notizia di un solo raid. Dopo la fine dell'attacco, i nostri soldati hanno raggiunto l'area. Posso assicurarvi che non ci sono state vittime civili. Otto terroristi sono stati uccisi, e 5 feriti sono nelle nostre mani.
Non temete di passare per un fantoccio nelle mani degli americani?
L'Etiopia non è il burattino di nessuno. L'agenda del nostro intervento in Somalia era correlata esclusivamente alla nostra sicurezza interna. Nessuno si sentiva in grado di entrare in Somalia da solo. Noi l'abbiamo fatto. E siamo andati oltre le previsioni di ogni analista. La missione è quasi compiuta. Se ora qualcuno vorrà far tesoro del risultato del nostro intervento e capitalizzarne i frutti, non c'è problema.
Una settimana fa, lei ha detto che mancavano due settimane al ritiro. Conferma questa tempistica? E non crede che il governo somalo vi chiederà di prolungare la missione?
Non è cambiato nulla, anche se non si tratta di una scadenza precisa. Ma serve a specificare un lasso di tempo. La nostra non era una missione di conquista di un territorio. Il fine era eliminare i terroristi. E gli abbiamo spezzato la spina dorsale. Ora possiamo eliminare alcuni pezzi ancora, e dunque li stiamo inseguendo. L'obiettivo è stato distrutto. Il nostro compito sta finendo. Il Tfg conosce le nostre scadenze.
Nessuno si aspettava un esito così veloce delle operazioni. È soddisfatto?
È merito della gente somala, che ha voluto la pace. Avevano dato una chance alle Corti perché gli avevano promesso pace. Ma quando hanno capito che avrebbero portato loro solo guerra, li hanno abbandonati.
A Mogadiscio monta la tensione e si susseguono manifestazioni contro anti-etiopi. Cosa commenta?
Sinora, nemmeno un soldato etiope è rimasto ferito o ucciso a Mogadiscio. Nessuno dal primo giorno che siamo entrati in città. Tutto ciò che viene raccontato da Mogadiscio è pura fiction. Nell'attacco di martedì sera, sono rimasti uccisi due soldati del Tfg. Questo è tutto. Le manifestazioni sono organizzate da uno specifico signore della guerra, che non è soddisfatto. Ma sinchè rimangono pacifiche, rientrano nella democrazia.
Crede che, se lascerete la Somalia, il governo sia abbastanza forte da riuscire a governare?
Io non punto su un gruppo specifico. Io punto sul potere della gente somala, che sta risolvendo i propri problemi da sola. Noi non stiamo facendo pattuglie in città, siamo lì solo per comunicare la nostra presenza. Sono fiducioso che riusciranno a ricostruire da soli. Io credo che Mogadiscio oggi sia meno violenta di molte altre capitali. E ciò non accade grazie a noi. È grazie alla popolazione, che vuole la pace.