INTERNAZIONALE

News e calciomercato, la radio somala che va in onda in italiano

MANFREDI EMILIO,Mogadiscio

«Nel nome di Dio, il Clemente, il Misericordioso. Siete in linea con il programma in lingua italiana di Gbc, Global Broadcast Corporation. Ora, il notiziario». Nella sala di registrazione della radio, Corrado Ali Yassin legge le ultime dall'interno. «Kismayo. Dopo la caduta dell'ultima città è in mano alle Corti islamiche, continuano i combattimenti nella zona di Ras Kamboni tra le truppe del governo e dell'Etiopia e i miliziani». Accanto a lui, Giuseppe Hasan Oumar fa dei cenni al fonico, dall'altro lato del vetro, mentre si prepara a leggere le notizie sportive. In apertura, le parole di Gennaro Gattuso, centrocampista del Milan e della nazionale, riprese da una recente intervista. «Non ci crederete, ma qui a Mogadiscio abbiamo molti ascoltatori, soprattutto tra le persone di una certa età, che hanno studiato nelle scuole e nelle università dove si parlava italiano. Amano ascoltare le news sulla Somalia, sull'Italia. E poi tutti aspettano le notizie di sport», racconta Giuseppe nel suo italiano perfetto, a tratti solo un po' obsoleto, mentre il collega prosegue nel notiziario. «Non abbiamo mai smesso di trasmettere, nessuno ci ha mai creato problemi, tantomeno le Corti islamiche, che avevano uno dei loro quartier generali proprio qui vicino», spiega il giornalista, spostandosi agile tra le varie sale di registrazione dell'emittente. Per insonorizzare gli ambienti dove si va in onda, i muri di legno leggero sono stati ricoperti da strati di materassi inchiodati alle pareti.
Siamo a Mogadiscio, nel quartiere di Ifkahalaan, una roccaforte del sottoclan Habr Ghedir Ayr. Il quartiere della Corte di Sheikh Hasan Dahir Aweys, leader carismatico del movimento islamista. Sulla porta della stazione radio-televisiva, facce tese e sguardi duri. Poche decine di metri più in là, ai tempi della missione Unosom c'erano gli italiani che controllavano il check-point Pasta. «Qui non ci sono problemi. Noi non abbiamo mai preso una posizione politica. Cerchiamo di fare del giornalismo non schierato», spiega Corrado seduto davanti a un caffé, e ride presentandosi come «Corradino di Svevia». Barba grigia e folta, occhiali importanti sul viso minuto, Corrado - che è eritreo anche se vive in Somalia da molti anni - veste una jalabiya e in testa calza la kufiah. Abiti tipici di un musulmano osservante. «Sì, quando esco dal lavoro mi prendo cura delle mie figlie e vado a pregare. Ma questo non vuol dire che alla radio facessimo news sbilanciate nei confronti degli islamisti». «Il momento è delicato, di passaggio. Nessuno si aspettava che la guerra finisse così rapidamente e che ci trovassimo ora a Mogadiscio il governo di Gedi e Yusuf e le truppe etiopi. Bisogna stare a vedere cosa succederà. Francamente, sono preoccupato», spiega Corrado mentre si sposta negli studi televisivi, dove una giovane giornalista legge il telegiornale. «L'emittente è l'unica nel paese che ancora trasmette quotidianamente in italiano. E tutti continuiamo a chiederci cosa stia facendo l'Italia per la Somalia? Dove siete? Vi siete dimenticati di noi».

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