INTERNAZIONALE

«Finito il lavoro lasceremo il paese»

Intervista al premier etiopico Meles Zenawi. «Siamo entrati per rimuovere le minacce poste dalle milizie islamiche»
MANFREDI EMILIO,Addis Abeba

Nel primo pomeriggio di ieri, il primo ministro etiopico, Meles Zenawi, ha incontrato alcuni giornalisti nel suo ufficio, ad Addis Abeba. Ecco cosa ha risposto alle domande del manifesto.

Signor primo ministro, cosa sta succedendo a Mogadiscio? È vero che le truppe etiopi sono entrate in città?

Nelle ultime ore di ieri, ci siamo avvicinati alla capitale somala. Durante la notte, e nelle prime ore dell'alba, le Corti islamiche si sono dissolte. I leader degli islamisti hanno abbandonato la città nelle prime ore di questa mattina (ieri per chi legge ndr), dopo aver fatto distribuire armi a giovani senza lavoro. Stiamo ricevendo continue comunicazioni di saccheggi e disordini, che sono in corso in diversi quartieri di Mogadiscio. Al momento, le forze del governo di transizione somalo, così come le nostre truppe, si trovano nei dintorni della capitale. Stiamo discutendo con esponenti del governo somalo e con gli anziani dei vari clan, per decidere le nostre prossime mosse. Dopo questi incontri, decideremo se avanzare nella città. Se saranno i somali a chiederci di entrare, è possibile che accetteremo di aiutarli a controllare la città. Ma, anche in questo caso, la nostra presenza non andrà oltre alcune settimane.

Esattamente, qual è la missione dell'Etiopia in Somalia ?
Il nostro compito in Somalia è molto limitato. Siamo entrati nel Paese per rimuovere la minaccia portata dalle milizie delle Corti islamiche nei confronti della Somalia e dell'Etiopia. Non abbiamo intenzione di ricostruire la Somalia. È la comunità internazionale che deve supportare il governo provvisorio. In questo momento, a nostro giudizio, la Somalia ha necessità urgente di massiccia assistenza umanitaria e anche di una operazione di peacekeeping. L'Etiopia non è in grado di fornire nessuno di questi due tipi di intervento. Noi stiamo solo cercando di stabilizzare il Paese. Proprio per questo non lasceremo Mogadiscio bruciare ancora. Aiuteremo il governo provvisorio, poi ce ne andremo. Dal nostro punto di vista, l'esecutivo deve lavorare a stretto contatto con i leader clanici di Mogadiscio, in modo da trovare un accomodamento per governare la capitale e l'intero Paese. Sempre secondo noi, l'esecutivo non deve lasciare ulteriore spazio ai signori della guerra che hanno imperversato in Somalia negli ultimi 15 anni.

Ma mentre lei riafferma questo principio, pare che molti ex-signori della guerra, assieme alle loro milizie, abbiano combattuto accanto all'esercito etiope e ora stiano riconquistando il controllo delle aree che gestivano in precedenza. Così non ricomincia il warlordismo?

Posso confermare che Mohammed Dheere e Abdi Qeibdid hanno combattuto al fianco delle truppe del governo somalo e dei nostri soldati, per liberare i territori delle loro località di origine. Queste persone sono tuttora ministri del governo di Baidoa. Inolte non credo che, per eliminare il fenomeno dei signori della guerra, si debba eliminare fisicamente i capi. Spero comunque che presto il popolo somalo possa eleggere i propri rappresentanti e decidere se ancora vuole avere queste persone come proprie guide o meno.

Come spiega la disfatta delle Corti ? Teme che inizino atti di guerriglia ?
Gli islamisti hanno attaccato Baidoa. Noi abbiamo risposto uccidendo 2/3000 miliziani. Una volta spezzata la loro spina dorsale, non mi ha affatto sorpreso che si siano sciolti. La cultura talebana che hanno imposto in Somalia non fa parte della società somala. Per quel che riguarda il rischio di guerriglia, è lo stesso discorso. Per fare guerriglia, ci vuole il supporto della popolazione. Ma questa gente non ha il supporto di nessun clan somalo. Ora sta al Tfg saper stringere accordi con tutte le componenti tradizionali della società.

Il presidente eritreo Isaias Afeworki vi accusa di essere i responsabili della crisi somala. A che punto sono le vostre relazioni con l'Eritrea?

Ognuno ha l'opinione che vuole. Di fatto, abbiamo intenzione di perseguire sistematicamente i militari eritrei che ancora si trovano in Somalia, così come gli elementi oltranzisti delle Corti islamiche. Oltre ciò, il nostro problema con l'Eritrea rimane lo stesso di sempre. Spero che potremo trovare una soluzione pacifica a tutto ciò.

A che punto sono le vostre operazioni militari in Somalia?

Diciamo che abbiamo completato il 55% del lavoro. Le Corti non esistono più. I rimasugli degli estremisti stanno ritirandosi sulla costa, verso Kismayo. Non fermeremo le nostre attività militari sino a che non avremo terminato con questa gente. Non abbiamo problemi con chi si arrende. Ma dobbiamo cancellare le radici dell'estremismo. Il gruppo radicale dello shabab (l'ala militare radicale giovanile guidata da Ayro ndr), i militanti jihadisti internazionali presenti in Somalia e, come dicevo, le truppe di Asmara. Dobbiamo impedire loro di continuare a destabilizzare la Somalia e l'intera regione.

Dove si trova Sheikh Hasan Dahir Aweys, il leader delle Corti ricercato per terrorismo ? Se catturate presunti terroristi, che farete ?
Stamane all'alba (ieri per chi legge, ndr) Aweys è fuggito da Mogadiscio verso sud. Intendiamo portare davanti alla giustizia tutti i terroristi che cattureremo, in modo da giudicarli per ciò che hanno fatto. Se sono somali, deciderà la giustizia somala. Per gli altri, decideremo in base alla loro nazionalità.

Da più parti, siete accusati di combattere una guerra per procura in nome degli Stati uniti. Cosa ribatte?
Ho sentito queste voci. In primo luogo, siamo molto contenti dei nostri vincoli con gli Stati uniti, che certo non si limitano all'antiterrorismo. In secondo luogo, riguardo al problema somalo, gli Usa hanno molte volte ripetuto di ritenere potenzialmente controproducente una nostra azione contro le Corti. Recentemente, molti alti quadri militari americani ci hanno suggerito di evitarlo, pur riconoscendo il nostro diritto all'autodifesa. Infine, pur confermando gli scambi di informazioni di intelligence, nego assolutamente ogni tipo di intervento statunitense nelle operazioni. Non stiamo combattendo la guerra di nessun altro, ma ci stiamo difendendo.

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