Lazio nuda e felice, Roma attonita e in braghe di tela. Sotto la curva nord ubriachi di gioia i giocatori biancocelesti hanno omaggiato il pubblico con il più sexy degli strip-tease. Maglietta, calzoncini, scarpini sono volati oltre il muro di plexiglas. Tommaso Rocchi è stato il primo a spogliarsi, non era ancora stanco di correre, dei tre gol rifilati a Totti&co. nessuno porta la sua firma, ma davvero lui non si è risparmiato mai. È rimasto in canottiera, slip bianchi anni '70, calzettoni e scarpini: il bomber di Mestre ha esibito una nudità d'altri tempi, niente a che vedere con le icone del calcio che esultano atteggiando pose Sky. Chissà, forse la maglietta con la scritta personalizzata da esibire sotto la casacca ufficiale non va più di moda, o forse è solo una questione scaramantica. Magari Perrotta ne aveva in serbo una, non lo sapremo mai. Nelle gare al cardiopalma l'ammonizione per esultanza senza maglietta non vale certo come deterrente. Anche Pandev si è spogliato, Foggia appena, ma l'uomo derby si chiama Massimo Mutarelli, il cognome non è da superstar, le fisic durol nemmeno, Ledesma figurarci, ed è proprio questo che fa bella la vittoria albiceleste. Nessuna star, nessun ragazzo copertina e tre tristissimi punti di penalizzazione. Peccato che Peruzzi sia uscito subito dopo il fischio finale, senza regalare gioie agli orsi italiani che pure nel loro magazine online, sotto il motto «Happy to be big, Glad to be hairy, Proud to be gay», offrono una carrellata del gigante d'argilla addirittura desnudo sotto l'ombrellone. Ma non si tratta di scatti patinati, dimentichiamo la posa spogliatoio Dolce&Gabbana che ci ha tormentato per tutti i mondiali.
Le incursioni streaker, quelle esibizioni del tifo estremo e nudo sui campi da gioco di magistrale scuola inglese, non sono roba da supporter italiani, da noi ci pensano i giocatori. Niente a che vedere con le performance di Mark Roberts, che alle Olimpiadi invernali di Torino ci aveva deliziato con uno dei suoi numeri con tanto di gallina di gomma tra le gambe e come sempre la security alle calcagna. Però il tuffo dell'allenatore romagnolo Delio Rossi vale mille spogliarelli, più di mille strip-tease al cospetto della regina Elisabetta. Una promessa mantenuta per suor Paola, la «dolce vita» di Delio Rossi è uno spettacolo mai visto. Quando nell'anno di grazia 1974 le telecamere Rai si intrufolarono sotto le docce dello spogliatoio laziale per rubare l'inquadratura di Wilson e Chinaglia dopo la vittoria sul Foggia per 1 a 0, una cosa del genere non si era mai vista. Galeazzi in desabie per lo scudetto del Napoli è per l'epoca un'altra immagine di nudità inedita, ma ne avremmo anche fatto a meno. Delio Rossi a mollo nel Fontanone rischia ora di rubare la scena agli illustri predecessori e Anna Falchi scompare nella memoria.
Così nella notte a 4 gradi l'allenatore riminese si è tirato via il cappotto, la cravatta a righe bianche e argento dell'occasione speciale, il vestito, via le scarpe da ginnastica che il tecnico vezzosamente indossa sotto il blazer scuro. L'acqua è gelata, il panorama da lì toglie il fiato, Delio Rossi è in mutande nere e si butta in acqua di testa, scattano i flash, ma «era un fatto privato, mi dispiace che qualcuno se lo sia venduto ed è diventato un fatto mediatico. Era un voto. L'acqua era fredda».
Mediatica, così come siamo abituati a intenderla, è invece la polemica con Francesco Totti. Il numero 10 lamenta di non essere stato tutelato, continua a tirarsi su i paltoncini per mostrare il solco lasciato sulla coscia dai tacchetti di Zauri atterrato a bordo a campo. «Io ricordo Maradona, era un campione anche negli atteggiamenti - gli ha ribattuto Rossi - e quando prendeva un fallo si rialzava. Quando sei un campione è normale che tutte le maniere siano lecite per fermarti. Essere un campione comporta anche degli oneri superiori». Stoccata. Tutta per tv, giornali e soprattutto radio locali è anche la polemica del tunnel, ovviamente a microfoni spenti, una manna per le speculazioni instancabili che si propagano nell'etere romano. Le cronache già raccontano che Rossi si sarebbe appostato lì, nel sottopassaggio, a fine partita, per punzecchiare Perrotta e i suoi compagni. Avete peccato di eccesso di presunzione, dovrebbe suonare più o meno così la frase incriminata che è andata di traverso ai giallorossi. «Assolutamente no - nega Rossi - Molto probabilmente Perrotta ha sentito cose che gli hanno riportato, io con lui non ho parlato. Ho parlato con dei dirigenti della Roma a fine partita, gli ho detto che secondo me erano stati eccessivi con le loro manifestazioni d'esultanza in casa nostra lo scorso anno. Perrotta ha travisato. Sono una persona che ha grandissimo rispetto per gli altri ma voglio anche essere rispettato. Gli ho solo ricordato che bisogna avere misura quando si vince». Basta un tuffo da Anita Ekberg.