FUORILUOGO

La comunità internazionale e il "fattore oppio"

AFGHANISTAN
CAPPATO MARCO, PERDUCA MARCO,AFGHANISTAN

Alla vigilia del rifinanziamento delle missioni internazionali italiane il ministro D'Alema ha auspicato la convocazione di una conferenza di alto livello sull'Afghanistan che ne affronti gli aspetti civili, politici, economici e militari. Come sostenuto da Emma Bonino nella relazione conclusiva della Missione dell'Unione europea di monitoraggio elettorale in Afghanistan dell'autunno 2005, la comunità internazionale, dopo anni di "riduzione dell'offerta" di sostanze stupefacenti, dovrebbe prendere in considerazione i fallimenti dei suoi sforzi e concedere la possibilità all'Afghanistan di produrre una quota legale di oppio a fini medico-scientifici come peraltro previsto dalla Convenzione unica dell'Onu del 1961. Anche il ministro Amato, e successivamente il viceministro Intini, si sono detti favorevoli a includere il "fattore oppio" nel quadro della presenza italiana in Afghanistan. Già nella primavera del 2005 il Senlis Council ha prodotto uno studio di fattibilità per consentire all'Afghanistan di produrre legalmente l'oppio. La prima parte del progetto è stata presentata a Kabul con una conferenza internazionale nel settembre del 2005. La coltivazione legale di papavero avviene in Francia, Ungheria, Spagna, Australia, India e Turchia, su licenza rilasciata dall'Onu: India e Turchia si spartiscono circa l'80% di questa produzione lecita. Nonostante l'aumento delle licenze, l'offerta legale non copre la crescente richiesta di oppiacei per terapie del dolore, tanto è vero che nel maggio 2005 all'Assemblea dell'Organizzazione mondiale della sanità (Oms) il Professor Ghodse, Presidente della Giunta internazionale per il controllo dei narcotici (Incb) ha sottolineato la carenza di sostanze essenziali e necessarie a trattamenti medici o ricerche scientifiche. Le stime sul consumo di morfina del 2004 segnalano che in dieci paesi si consuma l'80% della produzione globale, nei paesi in via di sviluppo, che rappresentano circa l'80% della popolazione mondiale, se ne prescrive invece il 6%. Il Presidente dell'Incb ha più volte sostenuto che tale scarsità si tradurrà nella «incapacità di molti governi di fornire un'adeguata assistenza alle migliaia di pazienti affetti da cancro o Aids» condannando quindi a morti con atroci sofferenze. Sempre secondo lo Incb, le conseguenze dell'attuale scarsità di oppiacei si aggraverebbero «nel corso di crisi, umanitarie o legate a disastri naturali» dato che certe sostanze essenziali fanno parte dei prodotti necessari per cure di primo soccorso. Per l'Oms la morfina è un farmaco essenziale. Le più recenti stime dell'Unodc (l'agenzia Onu sulle droghe) valutano la produzione corrente di oppio legale intorno alle 400-500 tonnellate di morfina equivalente, il che ha fatto crescere le scorte mondiali dalle 400 tonnellate del 2000 alle oltre 850 del 2003. Malgrado questo raddoppio, persiste, anche grazie a politiche nazionali contrarie alla loro prescrizione, una scarsa disponibilità di oppiacei nel mondo. Tenendo conto che i 4/5 della popolazione mondiale non hanno accesso alla morfina è lecito ipotizzare che, una volta immessala sul mercato in dosi massicce, il consumo globale aumenterebbe esponenzialmente. Le stime fornite dall'Unodc tengono in considerazione solo la quantità di oppiacei destinata al mercato della terapie del dolore e non l'aumento di programmi con eroina medica, già presenti da anni in Svizzera e altri paesi. Il recente Rapporto mondiale sulle droghe 2006stima intorno alle 4.100 tonnellate la produzione illegale d'oppio in Afghanistan, una diminuzione minima rispetto alle 4.200 prodotte nel 2004. Malgrado l'aumento degli sforzi per sradicare le coltivazioni, l'Afghanistan resta il principale produttore con circa l'87% della produzione mondiale. Nel 2004 I'Fmi stimava che circa la metà del Pil afgano fosse derivato dall'oppio. Tanto i diplomatici in Afghanistan, quanto gli alti rappresentanti della forza internazionale militare Isaf, hanno più volte manifestato il proprio scetticismo circa l'efficacia delle misure di eradicazione di papavero: non solo rischiano di dirottare buona parte dell'attenzione e dei finanziamenti internazionali dal controllo delle zone ad alto rischio di attacchi e/o violenze, ma distruggono anche l'unica coltivazione effettivamente redditizia nel paese, presentando così la comunità internazionale come ostile alla ricostruzione e al benessere dei contadini. Se di un rilancio dell'impegno internazionale in Afghanistan c'è bisogno questo non può, per l'ennesima volta, non tener conto del "fattore oppio". Il Governo Prodi deve candidarsi in prima persona a sostenere politicamente e finanziariamente la produzione sperimentale di oppio per fini medicoscientifici in Afghanistan. Di concerto coi partner europei, Roma dovrebbe assistere sul campo il Governo Karzai in tutte le fasi necessarie a gestire il nuovo scenario: produzione, raffinazione - da farsi in loco anche per sostenere l'industrializzazione del paese - tassazione fino alla capillare distribuzione locale (fra le altre cose, l'Afghanistan è pressoché privo di morfina), passando per il trasporto, vendita o cessione internazionale verso paesi terzi. Viste le implicazioni e ripercussioni politiche che tale riforma dell'impegno italiano potrebbe avere a livello internazionale, e tenendo presente il lavoro preparatorio che condurrà alla sessione speciale dell'Assemblea generale dell'Onu del 2008, l'Italia dovrebbe inoltre cogliere l'occasione della revisione delle proprie politiche nazionali in materia di stupefacenti per avviare una discussione in merito all'attuale architettura normativa mondiale sulle "droghe": arrivando alla sessione del 2007 della Commissione stupefacenti dell'Onu (Cnd) con un primo documento di richiesta di valutazione sui risultati delle politiche globali di controllo sulle droghe. La stagione della semina del papavero e quella delle manovre diplomatiche è già iniziata, occorre agire urgentemente.

Marco Cappato e  Marco Perduca *Deputato europeo radicale della Rosa nel Pugno **Segretario della Lega internazionale antiproibizionista

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