POLITICA & SOCIETÀ

Londra apre, il papa chiude

Eutanasia
DE CILLIS MIMMO,

Anche le sorelle ogni tanto litigano. Oggi fra chiesa cattolica e anglicana è tempo di polemiche. Di affermazioni rintuzzate con risposte piccate. La disputa non è teologica, quanto di natura morale. A tenere banco è l'eutanasia, che ha diviso la santa sede e la «comunione anglicana», come viene definita la chiesa che nel secolo XVI si staccò da Roma per opera del re Enrico VIII e, da allora, è sottomessa alla corona, e guidata dall'arcivescovo di Canterbury, oggi mons. Rowan Williams.
Il fatto è che i «cugini d'oltremanica» sono sempre stati un po' ribelli. Forti di quella fierezza e di quello spirito indipendente, tutto british, che ha sempre guardato Roma, da 500 anni a questa parte, con la necessaria diffidenza. Senza alcun timore reverenziale o, neanche a dirlo, sottomissione. Nei secoli, l'indipendenza della chiesa anglicana si è consolidata e le differenze in campo dottrinale si sono cristallizzate. Per non parlare delle posizioni sulla morale, materia su cui spesso lo stretto di Dover si è trasformato in un oceano. Gli anglicani hanno adottato di frequente una linea iper-progressista, maldigerita nelle stanze curiali dei sacri palazzi vaticani.
E così l'odierna querelle. La chiesa anglicana, per la prima volta, ha dichiarato ammissibile la pratica dell'eutanasia passiva per neonati con irrimediabili handicap. Affermando che possono esistere «situazioni in cui la compassione debba prevalere sul principio secondo cui la vita va preservata a tutti i costi».
I vescovi inglesi, in particolare il reverendo Tom Butler, a capo della diocesi di Southwark, hanno avallato la richiesta di un'associazione di ginecologi e ostetrici britannici, il Royal college of obstetricians and gynaecologists, sostenitori dell'eutanasia per i bambini nati con devastanti invalidità e quindi condannati a una vita vegetativa, spesso di grande sofferenza. Il problema, hanno detto con pragmatismo, non è soltanto di natura morale: l'accanimento terapeutico porta con sé anche un ingente spreco di risorse, più utili se dirottate verso la cura di bambini risanabili.
La replica è giunta ieri dal ministro vaticano per la sanità, il cardinale Javier Lozano Barragan, che ha bacchettato i cugini anglicani. «Non si può togliere la vita, con qualsiasi mezzo diretto o indiretto, a un essere innocente. L'eutanasia non è mai ammessa. E questo vale per i malati terminali e anche per i bambini, anche che nascono con gravi handicap».
Il principio, per Barragan, non ammette deroghe: «La dignità della persona umana si basa su un principio numero uno, che è la vita e noi la vita la difendiamo dall'inizio fino al suo termine naturale. Mettere fine alla vita di una persona innocente, anche nel caso di un bambino prematuro gravemente ammalato, equivale a praticare l'eutanasia, e questo resta un'azione illecita, oltre che un atto di crudeltà. Tutto questo è molto diverso dall'accanimento terapeutico».
Al massimo il cardinale condivide la decisione dei sanitari di astenersi da cure inutili, «quando cioè si tratta di un uso di medicinali inutili e sproporzionati che servono a prolungare la dolorosa agonia di una persona che sarebbe ormai vicina alla morte. Nessuno è obbligato ad accettare queste terapie. In questo caso possiamo parlare di compassione. Ma se si tratta di ammazzare, bisogna ricordarsi il quinto comandamento: non uccidere». Il termine «compassione» per i bambini prematuri gravemente ammalati, nasconderebbe insomma «il rischio di una grave deriva etica che in diversi paesi sta portando a leggi che autorizzano l'eutanasia dei minori».
I fratelli anglicani hanno proprio sbagliato mira. E pensare che, con il nuovo papato ratzingeriano, l'enfasi sul dialogo ecumenico, specialmente in Europa, è stata forte e chiara. E l'anno scorso chiesa cattolica e anglicana hanno firmato una dichiarazione comune sul culto mariano. Un passo visto da molti come nuova tappa sul cammino di riavvicinamento. Ma ora i campanelli d'allarme tornano a suonare. E riemergono vecchie ruggini. Da Canterbury si guarda sprezzanti ai «papisti antiquati». E Roma stigmatizza i «cuginastri soggetti alla corona». Di fratellanza ce n'è ben poca.
* Lettera22

Supporta il manifesto e l'informazione indipendente

Il manifesto, nato come rivista nel 1969, è sinonimo di testata libera, indipendente e tagliente.
Logo archivio storico del manifesto
L'archivio storico del manifesto è un progetto del manifesto pubblicato gratis su Internet e aperto a tutti.
Vai al manifesto.it