Se è vero che la dimensione globale è sempre più decisiva nella politica sulle droghe, il primo numero della nuova serie di Fuoriluogo (che uscirà come inserto del manifesto domenica 29 ottobre) offre diversi spunti di approfondimento in merito: utili, ad esempio, per meglio inquadrare (e criticare) la posizione di Antonio Costa, capo dell'Unodc, l'agenzia Onu sulle droghe, intervistato da Alberto D'Argenzio sul manifesto del 21 ottobre scorso. Costa, di ritorno da un incontro con Evo Morales, si dichiara d'accordo nel promuovere l'uso rituale della foglia di coca; così come plaude alla ministra Turco per la sua iniziativa a favore della canapa terapeutica.
Di passaggio, segnaliamo nelle sue parole una qualche confusione quando loda le piante «buone» (come il papavero da oppio) e i derivati chimici «cattivi» (come l'eroina); mentre da un lato elogia la foglia di canapa, salvo poi dire che ci si deve curare coi farmaci sintetici e non con l'erba. Larga la foglia, stretta la via, almeno quella dei funambolismi chimici, per non alienarsi le simpatie dei malati e salvare la faccia del proibizionismo.
Veniamo al punto. Il sì di Costa alla canapa medica segna un allentamento nel rigore repressivo dell'Onu? E' un segnale positivo in vista del nuovo appuntamento internazionale del 2008, a dieci anni dall'assemblea generale sulle droghe a New York?
Ricordiamo un fatto. Alla vigilia di un'altra assise mondiale, la riunione della Commission on drugs (Cnd) del 2003 a Vienna, l'Oms emanava una raccomandazione per «declassificare» il dronabinolo (la variante sintetica del Thc, il più importante principio attivo della canapa) e gli altri cannabinoidi. In pratica, l'Oms catalogava la canapa fra le sostanze a più alto valore terapeutico e che presentano rischi minori per la salute pubblica. Secondo le procedure, la raccomandazione doveva passare alla Cnd per la decisione definitiva, ma, come denunciò Fuoriluogo (febbraio 2005), il documento rimase sepolto in un cassetto. Sarebbe stato imbarazzante portare al tavolo di Vienna il parere della maggiore autorità sanitaria mondiale in evidente rotta di collisione con la crociata anticanapa, chiesta a gran voce dagli Stati uniti e abbracciata con entusiasmo da Fini e Giovanardi. Guarda caso, Antonio Costa, aprendo nell'aprile 2003 la riunione della Cnd tuonò contro la canapa «erroneamente percepita come droga leggera». Se davvero Costa ha cambiato parere, renda finalmente pubblica la raccomandazione dell'Oms.
Un secondo elemento di giudizio. Lo stesso direttore dell'Unodc ha da poco presentato un rapporto sui consumi in Svezia, per tradizione il paese europeo più «duro» sulla droga, notando «la chiara associazione fra una politica restrittiva e i bassi livelli di consumo svedesi». Insomma, un plauso alla Svezia. Come argomenta Peter Cohen nel prossimo Fuoriluogo, questo rapporto non ha basi scientifiche, bensì persegue l'obiettivo politico di rincuorare i fedeli della «Chiesa della Proibizione», scossi dall'evidente fallimento delle attuali strategie globali di repressione.
Dunque, la conversione di Costa alla canapa in farmacia pare il tentativo disperato di cedere un po' di terreno agli infedeli, mentre tenta di rinsaldare la fortezza in vista del prossimo confronto del 2008.
Quanto a noi di Fuoriluogo, nessuna manovra sullo scenario internazionale, grande o piccola che sia, passerà inosservata. E' la promessa, o se volete la scommessa, di questa nuova serie.
* direttrice di Fuoriluogo