INTERNAZIONALE

Somalia, marcia trionfale delle Corti

MANFREDI EMILIO,

Addis Abeba Continua l'avanzata militare delle Corti Islamiche in Somalia. Le milizie islamiste, nella serata di mercoledì, sono entrate senza incontrare resistenza nella cittadina di Saakow, 340 chilometri a sud della capitale Mogadiscio. La città, importante centro commerciale e strategico della Somalia meridionale, era precedentemente controllata dal colonnello Barre Hirale, signore della guerra e ministro della difesa del governo di transizione (Tfg), già sconfitto dalle Corti a Kismayo. Secondo fonti locali contattate dal manifesto, al momento Hirale si sarebbe rifugiato nella sua roccaforte nella regione di Gedo, non lontano dal confine con l'Etiopia, inseguito dai combattenti islamisti.
La presa di Saakow fa aumentare i timori di un imminente attacco islamista a Baidoa, sede del Tfg, da parte dei guerriglieri jihadisti. L'allarme è confermato dalla costruzione di trincee alla periferia della città da parte delle forze di sicurezza del governo e da militari. Inoltre, lunedì scorso, gli islamisti hanno ripreso il controllo della città di Bur Haqaba, a meno di 50 chilometri dalla capitale provvisoria, dove si vanno ammassando combattenti pronti ad un assalto finale. E sempre da lunedì, su preciso ordine dei leader islamisti, sono stati interrotti tutti i rifornimenti di benzina provenienti dal porto di Mogadiscio in direzione di Baidoa.
Sul terreno, il Tfg è circondato militarmente dalle Corti islamiche, ormai difeso soltanto dalle truppe etiopiche. Ma le reali intenzioni della leadership islamista paiono meno chiare. In una intervista alla radio somala HornAfrik, Sheikh Hasan al-Turki, uno dei leader più influenti e radicali delle Corti Islamiche, ha affermato di voler attaccare nei prossimi giorni il Presidente ad interim Abdullahi Yusuf e il sempre più debole e isolato Tfg. «Voglio chiarire alcuni punti che i miei colleghi hanno sempre voluto tenere nascosti. Noi attaccheremo Baidoa e le altre aree che sinora non controlliamo perché il nostro scopo è diffondere la legge islamica in tutta la Somalia. Presa Baidoa, attaccheremo il Puntland (regione semiautonoma del centro-nord, ndr) e il Somaliland (auto-proclamata repubblica nell'estremo nord, ndr)», ha dichiarato al-Turki, che poi ha attaccato l'Unione africana e le Nazioni unite. «Chi pensa di inviare truppe in Somalia, sappia che le Corti Islamiche hanno forze sufficienti per sconfiggere chiunque».
Un altro esponente del Consiglio supremo islamico, contattato a Mogadiscio in condizioni di anonimato, ha raccontato di un piano per mettere sotto assedio Baidoa nelle prossime quarantotto ore, aggiungendo che negli ultimi giorni sono stati reclutati almeno altri 3000 uomini, che al momento si stanno esercitando nei diversi campi militari istituiti in diverse aree del Paese.
A sentire al-Turki e i fautori della linea dura, i tamburi di guerra risuonano sempre più impetuosi. Ma altre voci, di tono più pacato, si sono levate dalla dirigenza di Mogadiscio nelle ultime ore. Tra questi, il capo del Consiglio Supremo delle Corti Islamiche, Sheikh Hasan Dahir Aweys. Aweys, che certo non è una colomba, ieri ha dichiarato che i suoi combattenti non attaccheranno Baidoa e il Tfg, se non saranno provocati. «Ci stiamo comportando in accordo con i risultati degli ultimi colloqui di pace, e non abbiamo intenzione di rompere gli accordi presi. Se saremo aggrediti, non ci fermeremo», ha sostenuto Aweys, che poi è tornato ad criticare la presenza di truppe etiopiche in Somalia: «Ciò che Addis Abeba sta facendo all'interno del territorio somalo è un'aperta violazione della nostra sovranità e noi non permetteremo loro di proseguire». Ormai tra Mogadiscio e Addis Abeba c'è più di un'ostentata ostilità. Nei giorni scorsi, infatti, il premier etiope Zenawi, pur ammettendo solo la presenza di istruttori militari etiopi a Baidoa, aveva affermato: «allo stato dei fatti, siamo tecnicamente in guerra con le Corti Islamiche».
Sul terreno tutto sembra preludere ad uno scontro armato che potrebbe espandersi all'intero Corno d'Africa. Crescono i timori per un possibile fallimento dei colloqui di pace previsti a Khartoum, in Sudan, per il prossimo 30 ottobre. Forse l'ultima chance che ha la diplomazia internazionale per fare tacere le armi.

Supporta il manifesto e l'informazione indipendente

Il manifesto, nato come rivista nel 1969, è sinonimo di testata libera, indipendente e tagliente.
Logo archivio storico del manifesto
L'archivio storico del manifesto è un progetto del manifesto pubblicato gratis su Internet e aperto a tutti.
Vai al manifesto.it