Persone non grate. Così il governo etiopico ha definito giovedì sera due diplomatici dell'Unione europea, dando loro 48 ore di tempo per lasciare il paese. I due membri della delegazione europea ad Addis Abeba sono un italiano, Enrico Sborgi, e uno svedese, Bjorn Jonsson. Un comunicato del ministero dell'interno etiopico afferma che i due funzionari sono stati fermati a Moyale, cittadina nell'estremo sud dell'Etiopia al confine con il Kenya,«mentre, a bordo di un'auto con targa diplomatica, tentavano di portare oltre confine due cittadini etiopici ricercati per gravi crimini. L'azione dei due diplomatici ha violato lo status diplomatico e le leggi del paese. L'accaduto ha violato la nostra sovranità nazionale e messo a rischio la sicurezza nazionale», recita ancora il comunicato.
Nessun ulteriore chiarimento viene fornito riguardo alle accuse che graverebbero sui due etiopici. Secondo fonti contattate dal manifesto, una dei due sarebbe una dipendente locale della delegazione europea, l'avvocato Yalemzewd Bekele. Nessuna informazione sull'identità del secondo fermato, verosimilmante un parente dell'avvocato. I due arrestati sarebbero stati picchiati durante e dopo l'arresto, e, secondo Amnesty International, sarebbero ora a rischio di torture. L'ambasciatore europeo ad Addis Abeba, Tim Clark ha rifiutato di commentare l'accaduto, «in attesa di chiarire gli avvenimenti». Le reazioni invece non si sono fatte attendere da Bruxelles. Il Commissario per lo sviluppo, Louis Michel, ha affermato di aver tentato più volte di mettersi in contatto con il primo ministro etiope, Meles Zenawi, sinora senza successo. «Non sappiamo perché i due sono stati espulsi, ma ci saranno ripercussioni», ha aggiunto laconico.
Secondo le informazioni raccolte sinora, pare possibile che la cattura dei due etiopi sia collegata alla distribuzione di un calendario stampato dal principale partito di opposizione etiopico, il Cud, in favore di azioni di disobbedienza civile. Il partito ha guidato la coalizione contro l'attuale governo durante le elezioni del maggio 2005, denunciando brogli e intimidazioni. I risultati elettorali hanno visto ancora una volta vincente il partito di Zenawi, ma nei mesi successivi si sono svolte numerose manifestazioni di protesta, represse nel sangue, e nel novembre scorso quasi tutta la leadership del Cud è stata arrestata ed è tuttora sotto processo per alto tradimento e tentativo di sovvertire l'ordine costituzionale.
L'espulsione dei due diplomatici europei avviene in un momento di grande attenzione internazionale verso l'Etiopia. È alta la tensione nel Corno d'Africa a causa dell'esplosiva situazione in Somalia (con l'Etiopia sempre più coinvolta), e un paio di giorni fa si è riaccesa la polemica sui risultati elettorali del 2005. Sono infatti venuti alla luce alcuni risultati della commissione di inchiesta, istituita dal Parlamento etiope, per indagare sulle uccisioni di manifestanti da parte dei reparti antisommossa. Wolde-Michael Meshesha, il giudice vicepresidente della commissione, dopo aver ricevuto numerose minacce di morte, è fuggito in Europa, dove ha chiesto silo politico.
Parlando da una località sconosciuta, ha accusato il governo di non voler rendere pubblici i risultati dell'inchiesta. Secondo Meshesha, le forze di sicurezza etiopi hanno ucciso brutalmente 193 persone che protestavano contro le frodi elettorali, mentre i dati ufficiali fissano il bilancio a 68 vittime. «È stato un massacro. I dimostranti non erano armati ma la maggior parte dei morti è stata finita con un colpo in testa. Molti erano ragazzini. Senza dubbio c'è stato un uso sproporzionato della forza», ha dichiarato il giudice. Stando ai risultati dell'inchiesta, inoltre, almeno ventimila persone sono state arrestate durante le proteste.
Sinora nessun membro del governo si è reso disponibile per commentare queste affermazioni, mentre il primo ministro ha sempre ribadito che era in atto un tentativo violento di sovvertire l'ordine costituzionale. Ana Gomes, capo della missione di monitoring elettorale dell'Unione europea durante le votazioni, ha sostenuto: «Questo rapporto conferma quanto abbiamo dichiarato dopo le elezioni. La missione europea aveva svelato sostanziali violazioni dei diritti umani.I leader europei hanno finto di non vedere, continuando a fare accordi con il regime etiopico. È tempo che si capisca che il regime di Addis Abeba reprime la popolazione perché manca di legittimità democratica. L'attuale governo sta portando l'Etiopia verso maggiore povertà, conflitto, guerra». È presto per mettere in relazioni gli avvenimenti. Di certo, il governo di Addis Abeba in questo momento non tollera problemi di stabilità interna, per proporsi come forza affidabile (anche in caso di conflitto) a livello regionale. Esattamente il partner che cercano gli Stati uniti.