Lo scorso sabato, il premier etiope, Meles Zenawi, ha incontrato alcuni giornalisti della stampa internazionale. Zenawi ha accettato di discutere con il manifesto alcuni argomenti legati alla fragile stabilità regionale nel Corno d'Africa.
Primo Ministro Zenawi, c'è tensione tra il suo paese e l'Unione delle Corti Islamiche che da giugno controllano Mogadiscio. Che lettura dà dei recenti avanzamenti territoriali delle Corti nel sud della Somalia?
Le Corti Islamiche stanno espandendo la propria area di controllo. La presa della città portuale di Kismayo è in conflitto con i termini del cessate-il-fuoco raggiunto durante i colloqui di Khartoum tra gli islamisti e il governo federale di transizione. Se le Corti proseguiranno nell'avanzamento territoriale, il dialogo tra le due controparti sarà in pericolo.
In questo momento il governo provvisorio (Tfg) controlla unicamente la città di Baidoa. Che posizione prenderà l'Etiopia in caso di un attacco armato da parte delle Corti?
Il Tfg è un governo riconosciuto non solo dall'Etiopia, ma anche dall'Onu, dall'Unione africana e dall'Igad (l'autorità intergovernativa per lo sviluppo che riunisce sette paesi dell'Africa Orientale, ndr). Un'invasione di Baidoa non sarebbe gradita né ad Addis Abeba, né all'intera comunità internazionale. Il Tfg non può essere rovesciato con la forza. Ad ogni modo, in caso di aggressione, il mio governo prenderà in considerazione l'ipotesi di un intervento militare in difesa di Baidoa.
Intende dire che l'Etiopia potrebbe intervenire senza attendere le decisioni dell'Onu?
Spero che non ci troveremo di fronte a questo problema. Come paese membro dell'Unione africana, stiamo da tempo chiedendo all'Onu una parziale rimozione dell'embargo sulle armi in Somalia, così da poter dare il via alla missione di peacekeeping dell'Igad, e in modo da garantire il proprio diritto all'autodifesa al Tfg, che è l'autorità internazionalmente riconosciuta in Somalia. Se le cose andranno in questo modo, non ci sarà alcuna necessità per l'Etiopia di valutare un azione in Somalia.
Secondo molte fonti internazionali, truppe di Addis Abeba sarebbero in Somalia da mesi. Cosa risponde a queste affermazioni?
Ci sono degli istruttori etiopi a Baidoa. Addestrano elementi delle forze di sicurezza del Tfg. Si tratta della normale formazione di una nuova forza di sicurezza. Ma, al momento, non c'è una nostra presenza militare in Somalia. Se ci fosse, non sarebbe occultabile, né avremmo interesse a farlo.
A che punto si trovano le trattative di pace con l'Eritrea, e che ruolo gioca Asmara nella stabilità regionale?
Noi abbiamo ripetuto più volte che accettiamo la decisione della Commissione internazionale per la delimitazione del confine. Ora, il secondo passo è la demarcazione. E la demarcazione lascia sempre spazio a degli aggiustamenti, che vengono portati avanti tramite il dialogo tra le parti per poi implementare la decisione. Noi siamo pronti alla pace con l'Eritrea. Ma anzitutto vogliamo fare in modo che nessuna comunità rimanga divisa a seguito della demarcazione, e che ciò possa accendere scintille in futuro. In secondo luogo, vi è il problema del comportamento del governo eritreo. L'Eritrea continua a lavorare per destabilizzare l'intera regione, addestrando ed armando l'opposizione in Darfur, supportando le Corti islamiche in Somalia.
Alcune settimane fa, le Corti hanno minacciato di dichiarare la guerra santa contro l'Etiopia, se non smetterà di interferire con i loro affari interni. Sempre da Mogadiscio, rivendicano il controllo dell'Ogaden, la regione etiope di frontiera, abitata da popolazione di etnia somala. Sia in Ogaden che in Oromia, nel sud, il suo governo è confrontato da movimenti di opposizione armata, mentre si parla di defezioni e arresti nell'esercito etiope. Quale scenario delinea per il futuro dell'Etiopia e della regione?
Non ho ragione di dubitare che gli islamisti vogliano portare un'offensiva nel nostro territorio. Ho dubbi invece sul fatto che siano in grado di farlo. La presenza di combattenti provenienti dall'Afghanistan e di arabi alla guida di un movimento in un paese limitrofo costituisce un rischio. Un rischio per l'Etiopia, un rischio per l'intera regione. È un pericolo serio. Ma c'è ancora spazio per contenere questa minaccia, lavorando d'accordo con la comunità internazionale e le organizzazioni regionali. Di fronte al terrorismo, nessuno stato è immune. L'Etiopia non è incolume dalla minaccia, non lo sarà mai. Ma non credo che questo pericolo minacci l'esistenza dell'Etiopia. Così come non sono un problema le diserzioni. Avevamo degli infiltrati, e abbiamo fatto pulizia in casa.