VISIONI

Gli States saranno i supervisori della Rete per altri cinque anni

.com, .net, .org, .it
SBARIGIA GIULIA,

Gli Stati uniti hanno vinto una nuova battaglia per il controllo del sistema dei domini su Internet, motivo di controversia al Wsis, l'ultimo Summit mondiale sulla società dell'informazione andato in scena Tunisi lo scorso novembre.
Il Dipartimento del commercio Usa, che giusto un mese fa aveva dichiarato di voler mollare la presa, è tornato sui suoi passi e ha rinnovato l'accordo per i prossimi cinque anni con l'Icann - cioè l'«Internet corporation for assigned names and numbers», che è appunto l'istituzione californiana no profit che dal 1998 assegna gli indirizzi Ip e gestisce i suffissi (.com, .net, .org, ma anche quelli nazionali: .it, .uk, .es...) su scala globale (attraverso il Domain name system, Dns).
Dunque l'America, nonostante le pressioni internazionali (e non solo di Cina e Iran) manterrà il ruolo di supervisione egemonica sulla Rete mondiale fino al 2011, basandosi sulla convinzione che l'Icann ha fin qui svolto il suo compito in maniera più che soddisfacente. Le regole però sono un po' cambiate e i paesi che chiedevano una maggiore apertura e neutralità con una svolta sovranazionale del sistema Internet, sono stati «risarciti» con un contentino. Nel contratto appena firmato (entrerà in vigore dal 1 ottobre), è stata infatti introdotta una clausola che obbliga il Dipartimento del commercio (che dipende direttamente dal governo di Washington) e l'Icann ha rinnovare l'accordo ogni anno. Ma per il momento tutto resta invariato: il controllo dei root server (i 13 computer che gestiscono lo smistamento della Rete: 4 sono in California, 6 vicino Washington, 1 a Stoccolma, 1 a Londra e 1 a Tokyo) rimarrà sotto l'amministrazione americana.
Il prossimo appuntamento con la comunità internazionale è a ottobre, in Grecia. Si discuterà ancora sul ruolo statunitense nel web e sull'opportunità di emanciparsi. La proposta di costituire le Nazioni unite della Rete sembra sfumata, l'Europa da una parte elogia l'unilateralismo Usa, dall'altra vorrebbe una gestione comune del sistema, ma a nessuno sfugge che un solo paese non può reggere le redini della Rete e che «c'è bisogno di un meccanismo che renda il board responsabile delle sue azioni di fronte alla comunità», come ha più volte ripetuto il portavoce del governo canadese.

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