INTERNAZIONALE

Somalia, arrivano gli etiopi

Alta tensione
MANFREDI EMILIO,Addis Abeba

La Somalia rischia in queste ore di precipitare nuovamente nel caos. Sale la tensione tra, da una parte, il governo di transizione somalo (Tfg)e il suo principale sostenitore nella regione, l'Etiopia; dall'altra, l'Unione delle Corti Islamiche, l'alleanza religiosa che dai primi di giugno ha acquisito il controllo della capitale Mogadiscio e di molta parte delle aree meridionali del paese, sconfiggendo militarmente i signori della guerra riuniti nell'Alleanza contro il terrorismo (che secondo molti analisti era sponsorizzata dalla Cia).
La giornata di ieri ha visto infatti le milizie islamiste avanzare nella regione centro-meridionale della Somalia, in direzione di Baidoa, dove ha sede il governo di transizione presieduto da Abdullahi Yusuf. Gli islamisti hanno infatti preso il controllo, senza notizia di scontri armati, della città di Burhakaba, a circa 60 chilometri da Baidoa.
Secondo fonti contattate dal manifesto, alcune centinaia di miliziani legati alle Corti, equipaggiati con artiglieria pesante, avrebbero preso il controllo di Burhakaba. Contemporaneamente, almeno un centinaio di miliziani di stanza a Baidoa ha disertato, passando dalla parte delle Corti. La vicinanza di Burkhaba alla capitale provvisoria ha fatto salire immediatamente la tensione, e si è temuto che gli islamici stessero preparando un attacco, rapido e in grande stile, per cacciare il governo e assumere il controllo di tutta la regione.
Alle reazioni nervose da parte del Tfg, assai debole militarmente, si è aggiunta quella ben più preoccupante del governo etiope. Stando a fonti internazionali, nella notte tra mercoledì e giovedì alcuni distaccamenti dell'esercito etiope hanno varcato la frontiera nei pressi di Dollow, andando così a irrobustire la presenza di truppe di Addis Abeba a difesa della capitale provvisoria. La notizia è stata poi confermata dal corrispondente della Bbc, che riferisce di aver visto almeno 25 veicoli militari entrare all'alba in città. Un residente della città, contattato al telefono ieri in serata, in condizione di anonimato ha affermato che «c'è molto timore per la possibilità che tutti questi movimenti militari possano sfociare in uno scontro armato. Ora l'ingresso in città di nuove truppe etiopi ci sta un po' tranquillizzando, anche se molte famiglie si stanno già organizzando per lasciare la città in caso di assedio delle milizie islamiche». Mentre si affollano le voci, al momento impossibili da confermare, su ulteriori dispiegamenti di truppe etiopiche in direzione proprio di Burhakaba nonché nella città di Luk, nella regione centrale di Gedo, le Corti islamiche si sono affrettate a smentire l'intenzione di attaccare Baidoa. «Non stiamo preparando nessun attacco militare contro il Tfg», ha dichiarato all'Agenzia France Presse Sheikh Yusuf Mohamed Siad, il capo della sicurezza degli islamisti. Sino ora, anche il governo etiope - il più stretto alleato degli Usa nell'area - continua a smentire l'ingresso di proprie truppe in territorio somalo. Bereket Simon, portavoce del primo ministro Meles Zenawi, ha affermato che l'Etiopia «sta monitorando assai da vicino gli sviluppi della situazione», negando però l'ingresso di propri soldati nel paese confinante. Al riguardo però, il Ministro dell'Informazione, Berhan Hailu, ha affermato che «l'Etiopia utilizzerà tutti i mezzi a propria disposizione per schiacciare i gruppi islamici se tenteranno di attaccare Baidoa. Stanno tentando di sfruttare la bontà dei nostri vicini. Così facendo, gli islamisti costituiscono una minaccia non solo per la Somalia, ma per l'intero Corno d'Africa», ha aggiunto. «L'Etiopia è determinata a difendere Baidoa poiché si trova vicino al nostro confine, e poiché intendiamo difendere il governo ad interim della Somalia, ufficialmente riconosciuto dalle Nazioni Unite, dall'Unione Africana e dall'Igad (l'Autorità intergovernativa per lo sviluppo, ndr)».
Molto preoccupato si è detto anche Mario Raffaelli, inviato del governo italiano per la Somalia, grande conoscitore della regione, da molti anni impegnato a tentare una mediazione tra le parti. Raggiunto al telefono a Nairobi, ha sostenuto che «bisogna trovare un modo per ridurre la tensione che è montata in queste ore, e per disinnescare il pericolo di uno scontro armato. Intanto, il fatto che tutti smentiscano la propria intenzione di passare alle vie di fatto, costituisce un piccolo passo su cui lavorare». «Domani a Nairobi incontrerò il primo ministro del Tfg, Mohammed Ali Ghedi, e lo speaker del Parlamento, insistendo sulla linea del dialogo», ha aggiunto Raffaelli.
Mentre l'attenzione della comunità internazionale è totalmente puntata sui bombardamenti israeliani in Libano, un'altra area strategicamente fondamentale rischia ogni ora di più di trasformarsi in campo di battaglia.

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