POLITICA & SOCIETÀ

Dieci anni di domande alla politica

FUORILUOGO
ZUFFA GRAZIA,

Dieci anni di movimento, dieci anni di Fuoriluogo: il prossimo numero (in edicola col manifesto venerdì 30 giugno) è dedicato all'anniversario dell'uscita del giornale. In questo momento di crisi del manifesto e di apprensione di tutti e tutte per le sue sorti, non sembri fuori-luogo questa celebrazione. Al contrario, è un modo, è il nostro modo, di valorizzare il quotidiano che ha reso possibile l'avventura politica di Fuoriluogo. Per ricordarci che dieci anni di pubblicazioni rappresentano un patrimonio di informazioni, di confronto e scambio di saperi, di energie messe in campo, di passione politica. Proprio nei momenti più gravi della vita, i patrimoni tornano utili. Danno conforto, possono rianimare gli affetti e le menti di donne e uomini. Fuoriluogo (così come il manifesto) ha rappresentato in questi anni una piccola comunità politica, innanzitutto. Solo questo può spiegare tanta tenacia nel far uscire, con assoluta regolarità e per così lungo tempo, un supplemento fatto (quasi del tutto) da attivisti e volontari. Susanna Ronconi descrive in modo efficace questo modo di essere: Fuoriluogo non è stato tanto un giornale - scrive-, quanto «un luogo che abbiamo frequentato», «in cui abbiamo portato le esperienze che stavamo maturando, dove come operatori abbiamo scambiato buone prassi, dove abbiamo incontrato l'Europa, dove abbiamo interrogato la politica».
Le domande alla politica, appunto. Dal 1996 al 2006, abbiamo attraversato diverse stagioni, prima del centrosinistra, poi del centrodestra, oggi ancora del centrosinistra: tanto saldi nella collocazione politica, quanto lontani da logiche di schieramento. Dal penale al sociale - questa in sintesi la linea culturale del giornale - per cambiare il modo di vedere il consumo di droga. Per creare un nuovo senso comune, in cui il consumatore non sia né vittima né colpevole, ma soggetto cui riconoscere dignità e competenze, oltre che diritti. Se la «normalizzazione» dei consumi ha fatto qualche piccolo passo avanti, almeno nella percezione dei giovani, la politica si è dimostrata assai resistente. Rileggendo l'editoriale del primo numero, nel lontano gennaio 1996, si scopre che molte delle questioni sul tappeto sono ancora lì: mai affrontate dal primo centrosinistra, e dunque in certo modo offerte su un piatto d'argento alla furia punitiva e antisolidale del centrodestra. Come sottolinea Cecilia D'Elia, il referendum del 1993, che indicò la via della depenalizzazione del consumo di droga, è stata «l'occasione mancata» del centrosinistra per riformare la legge Jervolino Vassalli del 1990 e per dare un segnale di arresto al progressivo sovraffollamento del carcere. Una colpevole omissione che ha spianato la via alla svolta proibizionista del centrodestra sulla droga; più in generale, al rilancio del carcere come «la soluzione» alle questioni sociali più calde (a cominciare dall'immigrazione); al dilagare dell'uso simbolico della pena come linguaggio forte della politica. Le odierne difficoltà del nuovo governo nel tener fede al programma elettorale sulla droga-la immediata riforma della controriforma del governo Berlusconi-, non sono addebitabili solo all'incertezza della maggioranza al Senato, o ai soliti dissidi fra le diverse anime, moderate e meno, all'interno dell'Unione: c'è al fondo una cultura politica incerta e indistinta, su cui il lavoro sarà ancora di lunga lena.
Per questo c'è ancora bisogno di Fuoriluogo, così come, più in generale, c'è ancora bisogno del manifesto. Come scrive nell'editoriale Gabriele Polo, il manifesto è impegnato a trovare nuove forme per far vivere i nostri temi. Per parte nostra, offriamo la somma di diecimila euro l'anno (che per noi è davvero tanto) per contribuire sostanzialmente anche alle spese di stampa: il giornale diventerebbe così un inserto, a quattro pagine, del manifesto. Sul prossimo numero, che non vorremmo fosse l'ultimo, vi diremo che sarà di noi.

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