INTERNAZIONALE

Somalia, «pronti a trattare»

Il presidente provvisorio Yusuf al «manifesto» sulla crisi aperta dall'avanzata degli islamisti
MANFREDI EMILIO,Addis Abeba

Alta tensione in tutto il Corno d'Africa, in particolare sulla frontiere somala-etiope, dopo i recenti sommovimenti in Somalia e nonostante le notizie di ieri di un accordo raggiunto a Khartum, in Sudan, fra il presidente somalo Abdullahu Yusuf e il leader delle Corti islamiche, Mohamed Ali Ibrahim.
Prese Mogadiscio e Jowhar, i miliziani islamisti delle Corti islamiche sono avanzati verso Baidoa, sede del governo di transizione, e verso il confine etiope. La situazione sul terreno mette in difficoltà molte cancellerie - non solo africane- e in discussione i fragili equilibri regionali.
Lunedi scorso si sono rincorse le voci di uno scavalcamento di frontiera di truppe etiopiche in territorio somalo - smentite dall'Etiopia -, mentre qui ad Addis Abeba si sono accavallate frenetiche trattative tra esponenti del governo di transizione somalo (Tfg) e l'Unione africana, alla presenza di rappresentanti della comunità internazionale (tra cui diplomatici italiani e dell'Unione europea).
Al termine di questi incontri, il responsabile della Commissione per la pace e la sicurezza dell'Unione africana(Au), Said Djinnit, ha dichiarato al manifesto: «Stiamo valutando che fare. Ribadiamo il nostro supporto al Tfg e la volontà di ricostruire la Somalia. E' importante che l'intera comunità internazionale dia il suo sostetegno al governo di transizione del presidente Yusuf. La situazione è grave e l'Unione africana invita al dialogo tutte le parti coinvolte, l'Au, l'Igad (l'Autorità per lo sviluppo che riunisce 6 Stati nell'area), il governo Yusuf e le Corti islamiche. Un team verrà inviato al più presto in Somalia per studiare il dispiegamento di peace-keepers nel Paese. Perché l'intervento sia possibile, chiediamo al Consiglio di sicurezza di discutere una parziale rimozione dell'embargo sulle armi in Somalia».
Dopo il meeting, Tim Clark, capo-delegazione della Ue in Etiopia, ha affermato che «la situazione potrebbe precipitare rapidamente, in mancanza di un intervento politico muscolare».
Al momento, stando a fonti internazionali, ipotizzare l'intervento di peace-keepers in Somalia avrebbe lo scopo di mettere pressione sulle Corti islamiche, di ribadire il sostegno della comunità internazionale al Tfg nel tentativo di evitare una forzatura militare delle milizie radicali sulla capitale Baidoa. Il tutto per spingere le parti a sedersi al tavolo delle trattative, come forse è avvenuto a Khartum. Infatti, è assai difficile immaginare un reale dispiegamento di truppe in Somalia, di qualsiasi paese, data l'aperta ostilità della leadership islamista e di molta parte della popolazione, che è scesa in strada per manifestare la propria contrarietà. Al riguardo, il portavoce del ministro della difesa dell'Uganda (uno dei paesi dell Igad che ha offerto di inviare truppe) , ha dichiarato: «Sinché un cessate il fuoco non sarà concordato con i signori della guerra, non c'é alcuna pace da proteggere» I warlords, nonostante il sostegno americano, finora sono stati sconfitti sul campo dalle milizie islamiche e qualcuno sembra sia fuggito, ma non è dato sapere le loro prossime mosse.
Nel frattempo, il presidente somalo ad interim, Abdullahi Yusuf, sta vorticosamente visitando tutte le capitali dei paesi limitrofi, in cerca di appoggi e di una soluzione a lui favorevole della crisi. Il giro di visite è iniziato martedì qui ad Addis Abeba, a ribadire la vicinanza politica (e strategico-militare) tra il Tfg somalo e il governo di Meles Zenawi. Dopo avere incontrato la leadership etiope, Yusuf ha negato la presenza di truppe di Addis Abeba a Baidoa. «Non è stato firmato alcun accordo militare con il governo d'Etiopia - ha raccontato Yusuf al manifesto - Sono venuto in Etiopia per ragguagliare il governo etiope e l'Unione africana circa gli ultimi sviluppi, e per rafforzare ulteriormente il nostro rapporto con l'Etiopia», ha aggiunto. «E' dal 2004 che vogliamo una missione africana di peace-keepers. Il ritardo è dovuto a molti fattori, tra cui il sostegno della comunità internazionale, le decisioni del Consiglio di sicurezza e il sostegno finanziario alla missione. Il nostro parlamento ha votato una risoluzione che spiana la strada alla missione. Siamo pronti a chiedere al Consiglio di sicurezza di revocare l'embargo sulle armi al momento in vigore contro la Somalia.Chiediamo di togliere il blocco nei confronti del governo che, come in ogni altro Stato, ha diritto di difendersi», ha proseguito l'anziano leader. Secondo Yusuf, «gli islamisti rifiutano i peace-keepers perche vogliono controllare il paese. Ma non possono impedire alcun dispiegamento, in quanto non sono né la maggioranza, né hanno alcuna autorità per farlo». Interrogato sulla possibilità di aprire comunque un dialogo con le Corti islamiche, così come richiesto da molta parte della comunità internazionale, Yusuf ha spiegato: «Nel momento in cui le Corti riconosceranno il Tfg e dimostreranno di agire per garantire pace e riconciliazione in Somalia, siamo pronti a aprire il dialogo con la loro, così come con tutti gli altri che perseguono questi obiettivi».
Il dialogo sembra che si sia aperto dopo che Yusuf è volato prima in Kenya e poi a Khartoum, dove il presidente sudanese Omar al-Bashir, presidente di turno della Lega araba, si è offerto come mediatore. Mercoledì mattina una delegazione di dieci esponenti di rilievo dell'Unione delle Corti islamiche ha lasciato Mogadiscio alla volta di Khartoum, guidata dal vice presidente Sheikh Husein Mohamud Jumalee.
La popolazione somala vive un'attesa snervante, cercando di capire se Tfg e islamisti inizieranno a parlarsi per davvero o è solo l'anticamere di un confronto militare. Mentre il lavoro diplomatico prosegue, per cercare di evitare che in Somalia a parlare siano ancora le armi, la gente avrebbe necessità di un intervento umanitario urgente, per smettere di morire di stenti o per le conseguenze della siccità.

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