LETTERE

La Sinistra e la strategia dell'allarmismo economico

l'opinione
ACOCELLA NICOLA ,

Il dibattito sulle linee guida della manovra economica che si è acceso in questi giorni richiede forse qualche precisazione che parta da alcuni punti fermi, da ribadire nonostante il rischio di qualche pedanteria:
1. Non c'è alcun limite dato nel rapporto fra debito pubblico e Pil oltre il quale scattano insostenibilità del debito e rischio di insolvenza. 2. Però, certamente i mercati finanziari sono attenti al rapporto e un suo aumento può destare qualche preoccupazione, portando ad accrescere il premio per il rischio paese che viene incorporato nel tasso di interesse, con le conseguenze immaginabili di un possibile circolo vizioso o, almeno, di una maggiore difficoltà di rientro nella gestione del debito pubblico. 3. Il rapporto debito pubblico-Pil dipende sostanzialmente dall'andamento di tre variabili: il deficit pubblico primario (ossia il deficit senza considerare gli interessi pagati dallo stato), il tasso di interesse reale (che può aumentare per le ragioni dette al punto precedente) e il tasso di crescita del Pil.
4. La difficoltà nel rientro o nella stabilizzazione del debito pubblico sta nel fatto che queste tre variabili sono tra loro interdipendenti; in particolare, una riduzione del deficit primario può abbassare il tasso di interesse reale: questa è la grande lezione della manovra attuata dal governo Prodi a partire dal 1996; contemporaneamente, l'aumento delle imposte e la riduzione della spesa tenderebbero a deprimere il tasso di crescita del reddito, a parità di altre circostanze.
5. Detto questo, è evidente che quella che si profila, come molti a sinistra sospettano, sarebbe una manovra in due tempi: prima, di risanamento finanziario e tranquillizzazione dei mercati finanziari, e poi, di provvedimenti tesi a far ripartire l'economia. Di questo tipo di manovra vanno brevemente discussi il presupposto e le conseguenze. 6. In realtà, il presupposto è che i mercati finanziari siano allarmati. Ma l'allarme deriva, oltre che, in qualche misura, da una generica e non oggettiva minaccia di un aumento del rapporto debito-Pil, da due fattori ulteriori: la posizione europea e la posizione italiana in materia. 7. L'Europa è stata troppo accondiscendente con il governo Berlusconi, forse per farsi perdonare la remissività nei confronti della Francia e della Germania. Con essa si poteva e si può negoziare più duramente, senza fare come al solito i primi della classe.
8. Il secondo fattore è la posizione italiana: è giusto rifare i conti e mettere in evidenza le responsabilità del governo precedente, ma perché allarmare gli italiani e il mercato finanziario e l'Europa, drammatizzando e richiamando il 1992, quando, secondo fonti autorevoli, siamo stati veramente ad un passo dall'instabilità? A parte la questione della veridicità del parallelo, per il fatto che le condizioni di contorno sono notevolmente diverse, la strategia dell'allarmismo economico è troppo nota alla sinistra perché si possa tollerarla da un governo nel quale sono presenti forze significative che l'hanno sperimentata in termini negativi nel passato. 9. Molto più accettabile sarebbe stata una posizione che avesse messo bene in evidenza le indubitabili responsabilità e puntato sulla dilazione del rientro, senza far abortire la ripresa in atto, come probabilmente avverrebbe con una stangata. La credibilità europea del Presidente del Consiglio e del Ministro dell'Economia, insieme ad una più dura posizione negoziale in quella sede, sarebbero state sufficienti a garantire il respiro necessario per agire in modo serio, ma non penalizzante in termini di crescita. 10. Una manovra dei due tempi sarebbe poi intrinsecamente contraddittoria, per il fatto che, deprimendo per un po' di tempo il tasso di crescita del Pil, potrebbe rendere più difficile non soltanto la ripresa successiva, ma la stessa riduzione del rapporto fra debito pubblico e Pil.
* professore di politica economica alla Sapienza di Roma

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