INTERNAZIONALE

Somalia, confine ad alta tensione

MANFREDI EMILIO,Addis Abeba

Truppe etiopiche che sconfinano in Somalia; le milizie dele Corti islamiche che minacciano ritorsioni; la comunità internazionale che cerca di trovare un compromesso in un contesto sempre più confuso. La situazione in Somalia si complica e rischia di espandersi all'intero Corno d'Africa. La rapida avanzata dell'Unione delle Corti islamiche, che in una settimana hanno conquistato la capitale Mogadiscio e la città strategica di Jowhar, fa paura a molti e riaccende la polveriera-Somalia, paese senza un governo reale da ormai quindici anni.
Ieri a New York, Nairobi e Addis Abeba la diplomazia internazionale discuteva della situazione sul terreno, mentre il debole governo di transizione di Mohammed Ali Gedi, supportato dall'Onu, dagli Usa e dai Paesi limitrofi - Kenya e Etiopia in primis -, richiedeva l'intervento urgente di una forza di peacekeeping da dispiegare intorno alla capitale provvisoria di Baidoa, a 250 chilometri da Mogadiscio. Senza curarsi della comunità internazionale, le milizie islamiche hanno proseguito la propria avanzata, definita dal ministro degli esteri kenyota, Raphael Tuju, «una sollevazione popolare». Nella giornata di ieri gli islamisti si sono attestati a nord ai confini con la semi-indipendente regione del Puntland, e a ovest hanno conquistato la città di Baladwayne, a 15 chilometri dal confine con l'Etiopia. Ciò avrebbe provocato la reazione dell'esercito etiope. Secondo alcune fonti, all'alba di ieri 300 soldati etiopi avrebbero sconfinato nei pressi di Dollow, all'intersezione dei territori di Etiopia, Somalia e Kenya, lungo la pista che dal confine etiope porta a Baidoa. Da Baidoa continuano ad affluire notizie contraddittorie, ma pare che la città sia ormai circondata dalle milizie delle Corti. Nella mattinata di ieri, il leader delle Corti islamiche, Sheikh Sharif Shehk Ahmed, ha dichiarato: «le truppe etiopiche hanno superato il confine e stanno avanzando. L'Etiopia ha dispiegato una ingente quantità di soldati lungo il confine con la Somalia, e per questo temiamo un intervento etiope da un momento all'altro».
Un'affermazione smentita da Bereket Simon, consigliere speciale per la stampa del Primo ministro etiope Meles Zenawi. «Da parte del nostro esercito non vi è stato alcuno sconfinamento», ha dichiarato Simon al telefono. «Gli islamisti hanno preso la città di Baladwayne, nei pressi del nostro confine, e stanno avanzando verso l'Etiopia. Ci auguriamo che non intendano attraversarlo. È peraltro nostro diritto dispiegare truppe sulla nostra frontiera, vista la situazione di tensione in Somalia, per presidiarla», ha aggiunto il politico.
Di certo, sul confine tra Etiopia e Somalia, già teatro di una sanguinosa guerra alla fine degli anni '70, la situazione resta incandescente. A Gode, ultima città di rilievo in territorio etiope prima del villaggio di confine di Dolo Ato, hanno confermato che l'esercito è in stato di massima allerta. «Ci sono movimenti continui di truppe, da Gode in direzione sud. La tensione è altissima, da tempo non si avvertiva nulla del genere», ha raccontato al telefono un dipendente pubblico, chiedendo l'anonimato.
L'Etiopia ha sostenuto fin dall'inizio il governo di transizione somalo (Tfg), uscito da un faticoso negoziato in Kenya. Da molti è accusata di avere armato i signori della guerra somali, perseguendo una politica regionale propria, d'accordo con le scelte anti-islamiche di Washington, di cui Addis Abeba è il principale alleato nella «lotta al terrorismo» nel Corno d'Africa - proprio Gode ospita un avamposto militare americano.
Mentre sul terreno la situazione rimane confusa, ad Addis Abeba fervono gli incontri diplomatici. Nella serata di ieri proseguiva un incontro nel quartier generale dell'Unione africana, dove si preme per l'invio di truppe. L'Ambasciatore somalo del Tfg, Abdulkadir Farah, ha richiesto l'intervento urgente di peacekeeper provenienti da paesi membri dell'Igad, da inviare a Baidoa per difendere il governo di Yusuf. Farah ha riaffermato la stabilità del governo. «Siamo pronti a rispondere a qualunque attacco delle Corti. Baidoa non cadrà. Ma c'è la necessità di un intervento urgente della comunità internazionale», ha dichiarato l'ambasciatore. «Il Tfg è pronto al dialogo con tutti. Attendiamo di capire chi sta dietro a Shekh Ahmed, che è solo il capo militare. Chi guida le Corti, si faccia avanti e discuteremo», ha aggiunto. Di rimando, gli islamisti hanno fatto sapere di non avere intenzione di attaccare Baidoa al momento, e di essere pronti a dialogare anche con il governo di transizione, comunque definito «illegittimo».

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