Se può darsi una misura delle complicazioni di un governo, il numero dei sottosegretari è delle più precise. Con le tre nomine di ieri il Prodi dieci anni dopo è arrivato a 76, che con i 25 ministri e il presidente del consiglio portano la squadra a quota 102. Il governo dell'Unione stabilisce così il record della storia repubblicana, ingrangendo il precendente primato detenuto dal settimo governo Andreotti, che col pentapartito del 1991 si fermò alla nota «carica dei 101».
E il consiglio dei ministri di ieri ha largheggiato anche in litigi. Alla terza riunione di palazzo Chigi è stato infatti vivacissimo e prolungato lo scontro sulla spartizione delle deleghe. Alta tensione tra Ds e Margherita per il fatto che Pierluigi Bersani non intende cedere la delega per il Mezzogiorno appena strappata al dicastero delll'economia al suo vice Sergio D'Antoni. Mentre è letteralmente fuori di sé Rosy Bindi (Dl), il cui dicastero della famiglia è di fatto sottoposto all'amministrazione del ministro degli affari sociali Paolo Ferrero (Prc).
Il «rigore» che il ministro dell'economia Tommaso Padoa Schioppa ha invocato anche ieri nel corso del suo resoconto sui conti dello stato, non vale comunque per le potrone. Semmai per l'imbottitura e gli staff, dato che tra le altre cose ieri si è stabilito che i dieci viceministri del governo non potranno avvalersi di capi di gabinetto né di portavoce, ma dovranno fare capo alle strutture del ministero di competenza.
Incarichi sì ma costo zero, insomma. Da ieri entrano a far parte della squadra di governo dell'Unione tre nuovi sottosegretari: Nicola Sartor (tecnico prodiano) va all'economia con il preciso compito di seguire la finanziaria, Raffaele Gentile (Rosa nel pugno) va ai trasporti e Giovanni Mongiello (Udeur) all'agricoltura. I tre hanno giurato in tutta fretta già ieri pomeriggio. Ed è record: 102 poltrene per un governo.
Record di poltrone che rivela il tasso di fibrillazione del centrosinistra, dato che molte nomine sono funzionali a suturare e risarcire dissapori e scontenti da parte degli alleati. Il consiglio dei ministri di ieri, per altro, è stato tutt'altro che sereno. A lungo si è litigato sulla definizione della gabbia delle competenze dei singoli ministeri nonché sull'attribuzione delle deleghe ai ministri senza portafoglio.
Ieri si è proceduto con l'attribuzione delle deleghe ai dieci viceministri (Ugo Intini, Patrizia Sentinelli e Franco Danieli agli esteri e Cesare De Piccoli ai trasporti). Sarà però il prossimo consiglio dei ministri a completare il quadro con il conferimento delle competenze a Sergio D'Antoni (sviluppo economico) e Angelo Capodicasa (infrastrutture). Il caso scoppiato in consiglio riguarda sopratutto D'Antoni. Bersani, infatti, non intende affatto cedere all'esponente della Margherita le responsabilità per il Mezzogiorno, neanche nello specifico del turismo, che proprio ieri gli sono state attribuite: del resto, il dipartimento per le politiche di coesione e sviluppo passato sotto il controllo del ministro Ds è quello che conferisce un po' di spessore al suo dicastero (dato che il Cipe sarà sì tolto dalle competenze di Padoa Schioppa ma per passare direttamente alla presidenza del consiglio). Bersani intende quindi ripartire responsabilità tra i vice ma non cedere competenze.
Lo scontro è stato ancora più intenso intorno al ministero degli affari sociali. Indolore la ripartiuzione tra previdenza e assistenza, che andranno rispettivamente a Damiano (lavoro) e Ferrero (affari sociali). Fortissimo invece il pressing sulla famglia. Nei giorni scorsi la ministra Dl ha agito diplomaticamente verso il Prc per guadagnare maggiori responsabilità al proprio incarico, ma senza risultati. Ieri la discussione è stata più aspra. «Non farò il ministro dlele Dame di San Vincenzo», ha ripetuto Ferrero per respingere l'offensiva verso il suo portafogli, l'unico di cui dispone il Prc. Muto Prodi, Ds, Margherita e Di Pietro hanno sostenuto un consistente passaggio di consegne a Rosy Bindi, che rivendicava la responsabilità per tutti i soggetti della famiglia: dall'infanzia agli anziani. Invece alla ministra Dl, come a Giovanna Melandri per i giovani, spetterà un ruolo di indirizzo e coordinamento, ma non di responsabilità diretta.