POLITICA & SOCIETÀ

L'ultimo saluto al caporale Pibiri

BRAGA ALESSANDRO,Roma

Fortza paris, forza insieme. Quando la bara del caporalmaggiore Alessandro Pibiri arriva alla basilica di San Paolo, portata a braccia da sei militari, risuona nell'aria l'inno della Brigata. Dietro le transenne, circa 200 persone applaudono il soldato morto lunedì scorso in Iraq mentre una signora fa sventolare la bandiera italiana. Nel chiostro antistante la chiesa una statua di San Paolo brandisce la spada, nel timpano dorato della facciata un Cristo pantocrate sembra benedire i presenti. Dentro la basilica la navata centrale è già piena. In prima fila, sulla destra, i familiari di Alessandro, con a fianco il governatore della Sardegna Renato Soru: il padre Mario, la madre Luisella, la fidanzata Valentina. Nella parte opposta le alte cariche dello stato: il presidente della repubblica Giorgio Napolitano che appena entrato in chiesa aveva stretto la mano ai genitori e al fratello di Alessandro, dedicando loro anche alcune parole di conforto; alla sua sinistra il presidente della Camera Fausto Bertinotti (poi contestato dall'ex generale Gianalfonso D'Avossa ai marigin della cerimonia) il premier Romano Prodi, i vicepremier Francesco Rutelli e Massimo D'Alema e il ministro della Difesa Arturo Parisi. Nelle file dietro il governo quasi al completo e molte personalità del mondo politico, oltre al sindaco di Roma Walter Veltroni e al presidente della regione Lazio Piero Marrazzo. Appoggiati alle colonne che dividono le navate i gonfaloni dei tanti enti locali e associazioni che hanno voluto essere presenti, con in prima linea le insegne della regione Sardegna e della provincia di Cagliari.
All'ingresso di Pibiri risuona un applauso anche all'interno della basilica; la madre di Alessandro, commossa, si avvicina alla bara e accarezza il tricolore che ricopre il corpo del figlio, prima di riprendere posto accanto al marito. Il feretro attraversa la navata centrale della chiesa tra gli applausi dei militari e delle persone presenti, mentre risuonava il canto 'Chi ci separerà dal tuo amore?', e viene deposto davanti all'altare maggiore della basilica. Anche il Papa ha voluto mandare una missiva, letta prima dell'inizio dei funerali, esprimendo «paterna vicinanza spirituale ai familiari, ai feriti e alla nazione intera per una giovane vita barbaramente stroncata».
Nella navata laterale intanto prendono posto le persone che vogliono salutare il soldato ucciso, manifestando con la loro presenza vicinanza alla famiglia. Tra loro una ragazza con un tricolore sulle spalle vorrebbe consegnare una rosa bianca alla madre di Pibiri. Vicino a lei Rodrigo Hidalgo, sudamericano, che esprime la solidarietà delle comunità straniere all'Italia, ma sottolineando anche che l'appello del padre del caporalmaggiore per il ritorno immediato di tutti i soldati è «anche l'appello di tutti i genitori, e non può essere disatteso». L'arcivescovo Bagliasco, che celebra le esequie, sottolinea in tutti i modi il senso di pace della presenza dei nostri militari in Iraq: il brano del Vangelo di San Matteo letto durante il funerale è il discorso della montagna, in cui Gesù spiega le beatitudini ai discepoli. «Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio» la chiusura del passo. Il parallelismo con la missione di Alessandro Pibiri è chiaro. L'attacco dell'omelia non lascia dubbi in proposito: «Ancora una volta il sangue italiano ha bagnato il deserto di Nassiriya. Ancora una volta il terrorismo scopre il suo volto più vero: il disprezzo della vita umana». Ma la morte del giovane soldato, ha continua Bagnasco, serve a far sentire tutti «più decisamente uniti».
Alla fine della messa, dopo la benedizione, la bara viene portata fuori dalla basilica, per essere poi trasferita all'aeroporto di Ciampino, dove c'è un velivolo militare che la riporta in Sardegna, dove oggi si terranno i funerali in forma privata. Il presidente Napolitano, insieme a tutte le personalità politiche presenti, accompagna i familiari fino al carro funebre tra due file di persone che applaudono. Tra queste una signora, visibilmente commossa: «E' sempre stato così. C'è chi comanda e chi muore. E qualcuno vuole pure che i nostri soldati restino ancora in Iraq».

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