CAPITALE & LAVORO

Caso Atesia. La Cgil tra protesta e solidarietà

TARANTO CECILIA

Caro Direttore,
è con vero rammarico che leggo l'articolo apparso oggi sul manifesto dal titolo «Atesia, ora si svolta». Prima questione, il metodo. Accusare la Cgil di essere in qualche modo al servizio degli uffici del personale di Atesia utilizzando una dichiarazione apparsa sul Corriere della Sera senza verificare, anche con una telefonata, il senso di quelle affermazioni mi sembra lontana dallo stile del vostro giornale. Mi domando come Francesco Piccioni, autore dell'articolo, non abbia sentito il bisogno di capire meglio il punto di vista di chi aveva rilasciato l'intervista al Corsera, cioè un segretario di quella Cgil che con coerenza e senza possibilità di equivoci ha posto e pone al centro della propria iniziativa la lotta alla precarietà del lavoro e chiede con forza il superamento della Legge 30.
Seconda questione, il merito, ed anche qui bisogna smetterla di giocare sugli equivoci. L'accordo su Atesia, con tutte le luci e le ombre, introduceva per la prima volta in questa azienda il concetto pieno e non contestato di lavoro dipendente, dichiarando di fatto la situazione di irregolarità nella quale è cresciuta. E questo, condiviso o no l'accordo, è cosa assai diversa dall'assegnare una patente di legittimità alla condizione di precarietà dei lavoratori di Atesia. \
Sull'accordo di emersione si possono avere, ed è legittimo, pareri difformi. Anche noi della Cgil di Roma e del Lazio abbiamo indicato alcuni punti critici che ritenevamo dovessero essere superati. Così come, all'indomani dell'accordo, in ragione della iniziativa del Ministero del Lavoro, abbiamo chiesto la sua sospensione proprio per evitare che il processo di stabilizzazione concordato, che pure non risolveva tutti i problemi aperti in azienda, potesse essere usato in chiave politica e contro le conclusioni degli ispettori.
E' per questo che le nostre strutture nazionali hanno chiesto l'intervento del Ministro del Lavoro. Di un accordo di emersione confermiamo infatti la necessità, qualsiasi scenario dovesse determinare l'ispezione. I 3.800 lavoratori di Atesia hanno pagato duramente e per troppo tempo gli effetti di una politica contro il lavoro e oggi chiedono che sia loro restituita la speranza del futuro. Non è infatti sufficiente affermare solo il principio della natura dipendente del loro contratto.
E' necessario che sia garantita la stabilità del loro lavoro. La complessità di questa vertenza è nota non solo al sindacato ma anche alle Istituzioni locali che sono state coinvolte ed hanno mostrato quell'attenzione che - con il cambio del governo nazionale - deve costruire, qui ed ora, una nuova azione di sostegno al lavoro e ai lavoratori. La conclusione positiva di questa vertenza è dunque tutta da conquistare. Ma sarà certamente più difficile realizzare l'obiettivo pieno della certezza del lavoro e della sua qualità, in una situazione nella quale la ricerca delle singole visibilità politiche dovesse prevalere sull'interesse dei lavoratori. Su questo l'articolo di Piccioni mi lascia qualche dubbio.
Cecilia Taranto - Segr. Cgil Roma e Lazio
Dopo la grandiosa riuscita dello sciopero del 1 giugno ad Atesia, sosteniamo la mobilitazione davanti al ministero del lavoro, organizzata dal Collettivo Precari Atesia, per venerdi 9 giugno 2006 dalle ore 11, per chiedere: il reintegro dei 400 licenziati/e anche sotto forma di mancati rinnovi contrattuali; il rifiuto dell'accordo dell'11/4/06 e l'apertura di un tavolo di trattative con il ministro C. Damiano, l'azienda e la partecipazione diretta delle lavoratrici e dei lavoratori per la stabilizzazione di tutte e tutti con il contratto a tempo indeterminato. Arci, Attac Italia, CLaRo, Confederazione Cobas, Esc, Fiom Cgil, Fp Cgil, Acrobax, Prc - Dip. naz. lavoro, Sincobas

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