Lo scontro sulla legalità-illegalità di questi ultimi mesi a Bologna, ha trovato un nuovo interlocutore: la Procura e un centinaio di militari, l'elicottero, i vigili urbani e i cani antidroga. Colpisce la coincidenza con il dibattito sulla Street rave parade. Decisamente schierato con i compagni del centro sociale Livello 57, accetto l'invito per la manifestazione del 1 Luglio. Auspico che possa aprirsi una tavola programmatica, un vero laboratorio socio-culturale per tentare di ricostruire i diritti di cittadinanza. Bisogna cacciare il poliziotto che abbiamo nella testa e onestamente smettere di considerare cattivi coloro che hanno scelto, con consapevolezza, una visione complessiva differente ma indubbiamente calda e umana. Chi ha veramente a cuore una società civile e attiva, capace di auto-organizzarsi in modi alternativi rispetto ai valori dominanti - le cui radici affondano nell'utile egoistico - non dovrebbe temere la scelta antiproibizionista. Una società meno coattiva offrirebbe maggiori possibilità ai soggetti sociali intenzionati a sperimentare strade nuove di emancipazione.
La legge Fini-Giovanardi, approvata senza discussioni in parlamento, lancia forse un messaggio educativo? La «tolleranza zero» legale impedirà un qualsiasi rapporto educativo con i giovani. E' un insulto alla scienza e alla giurisprudenza. Governare un fenomeno così complesso e delicato, come quello delle droghe, dovrebbe significare renderlo gestibile dalle persone che lo vivono e da quelle che con esso interagiscono. Per un ente locale il primato delle «relazioni» è una necessità assoluta ed urgente. Non si può togliere la dignità di persone a coloro che frequentano i centri sociali e pensarle solo come un problema di ordine pubblico da risolvere. Se non c'è questa prima regola, si è già nell'illegalità.
Ho letto l'appello bipartisan della giunta bolognese ai giovani: concetti, principi, con una condanna generalizzata e indistinta. Buoni propositi di tutela e una chiara discriminante «verso chi si pone fuori dalla legge o si sottrae ai percorsi di legalità». E' come mettere sullo stesso piano la mafia, la guerra, il traffico di armi e di droga, il racket. Attenzione: la guerra all'offerta illegale della droga è completamente fallita. E in questi documenti mancano le Persone. Ci vuole riflessione, socializzazione, analisi e percorsi diversificati concreti. Penso sia indispensabile assumere un metodo di partecipazione democratica e assolutamente non violenta per raddrizzare il cammino di una «legalità» distorta e pericolosa che genera disagio ed esclusione. Non posso pensare che gli amministratori ritengano loro dovere, per la carica che rivestono, ricorrere al rispetto della legalità come unico sistema per difendere fasce di cittadini «diversi». E' certamente possibile trovare insieme percorsi diversificati, in una rete di solidarietà per una nuova municipalità. Non ci sono ricette magiche, ma è prioritario superare la logica autoritaria che impone, ad esempio, prescrizioni immodificabili, metodologie valide per tutti e in tutte le situazioni. Non possiamo rinunciare, a mio avviso, ad un confronto sofferto, aperto e profondo su questi temi. E' in gioco la vita dei giovani e la convivenza cittadina. Da 40 anni, con tante e tanti, ho agito come se fossero possibili moderazione anche religiosa, solidarietà, reciprocità, dialogo, sapere, affettività, lotta, amicizia, impegno politico, autogestione, piacere, autoeducazione, libertà, uguaglianza, disobbedienza civile, azione non violenta. Se non ci fossimo un po' riusciti, potremmo ancora essere qui a sopportare il rischio?