IL CAPITALE

Decolla il business degli aeroporti

BONACCORSO MARIO,

Continua a salire il numero dei pretendenti al London City Airport da quando domenica scorsa sono filtrate da Oltremanica le voci inerenti a una possibile vendita decisa dall'attuale proprietario, l'uomo d'affari irlandese Dermot Desmond. A contendersi l'aeroporto cittadino londinese sono l'australiana Macquarie Bank il gruppo Babcock & Brown, la tedesca Hochtief e la spagnola Abertis, già proprietaria dello scalo di Luton.
Ma nella partita potrebbe entrare anche il gruppo iberico Ferrovial, nel caso in cui non andasse in porto l'Opa da 12,8 miliardi di euro per la Baa, la società che controlla gli aeroporti di Heathrow, Gatwick e Stanstead.
Ciò che sembra evidente è l'interesse crescente dei grandi gruppi internazionali verso il settore aeroportuale, considerato ormai in modo unanime con elevatissime potenzialità di crescita per il futuro. A incoraggiare tali previsioni, d'altronde, contribuisce anche il numero dei passeggeri del City Airport, passati dai 550 mila di dieci anni fa ai 2 milioni del 2005. Il che ha significato un utile operativo nell'ultimo esercizio di 17,4 milioni di sterline.
Incaricata di seguire le trattative è la banca d'affari americana Morgan Stanley. E secondo quanto è trapelato da Londra, Desmond, che si è rifiutato di spiegare i motivi alla base della sua scelta di vendere, non intende incassare meno di 400 milioni di sterline (circa 585 milioni di euro). Una cifra enorme se si pensa che nel 1995 il finanziere irlandese acquistò il quarto scalo londinese per 23,5 milioni di sterline dal gruppo Mowlem, che in otto anni di gestione dell'aeroporto riuscì a perdere complessivamente circa 70 milioni.
Certo erano altri tempi. In quegli anni chi si sarebbe immaginato il boom delle compagnie aeree low cost? È stata proprio l'esplosione dei voli a basso costo - sostengono gli addetti ai lavori - a consentire il fortissimo sviluppo dei piccoli scali cittadini, facendo lievitare il loro giro d'affari. Un esempio in Italia è fornito dall'aeroporto di Bergamo Orio al Serio.
Richard Gooding, direttore amministrativo del City Airport, è sicuro che la capacità dello scalo potrà crescere nei prossimi dieci anni fino a 3,5 milioni di passeggeri. I piani del management inglese prevedono la realizzazione di cinque nuove aree di parcheggio per le compagnie aeree, con la creazione fino al 2030 di 4 mila posti di lavoro. Grazie soprattutto al contributo che daranno le Olimpiadi di Londra del 2012.
L'occasione è davvero troppo ghiotta. E i grandi gruppi multinazionali, alla ricerca di nuovi settori redditizi in cui impiegare il capitale accumulato negli ultimi anni, difficilmente se la faranno sfuggire. Anche perché il settore delle infrastrutture è uno di quelli che maggiormente solletica l'appetito delle società.
Pochi giorni fa in Italia è stata Gemina, che controlla il 51% degli Aeroporti di Roma, a illustrare una strategia focalizzata sulle infrastrutture aeroportuali, destinate a diventare gradualmente il core business aziendale. «Ci focalizzeremo nelle infrastrutture aeroportuali - ha dichiarato il presidente Carlo Gatto durante l'ultima assemblea degli azionisti - attenti a cosa succede in questo mercato con stime di crescita molto interessanti».
Ma è soprattutto la nuova Abertis, la società nata dalla fusione tra l'italiana Autostrade e la spagnola Abertis, che potrebbe infiammare il mercato delle merger & acquisition degli aeroporti in Europa. Il gruppo di Barcellona non ha fatto mistero, attraverso il suo presidente Isidre Faine, delle proprie mire sulle autostrade in Nord America e sugli aeroporti europei che dovrebbero essere privatizzati nei prossimi mesi.

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