La scusa della par condicio, ideata dal direttore di Rai fiction Agostino Saccà, non regge. E a viale Mazzini tremano le pareti. La mancata messa in onda della miniserie Falcone, nel giorno dell'anniversario della strage di Capaci, il 23 maggio, non può essere ricondotta a «una legge così demenziale». La definizione è del consigliere Rai Sandro Curzi. Impossibile ricordare la morte dei giudici antimafia Giovanni Falcone (interpretato da Massimo Dapporto) e Paolo Borsellino (Emilio Solfrizzi), perché in Sicilia Rita Borsellino (sorella del magistrato) è candidata per l'Unione alla presidenza della regione. Le elezioni sono domenica 28 e lunedì 29 e la coincidenza delle date serve a Saccà per mettere in atto il suo coup de théâtre: a 14 anni dalla strage la rete ammiraglia del servizio pubblico supplirà alla mancanza con la programmazione della fiction La moglie cinese. «L'affermazione di Saccà è del tutto sorprendente - si scandalizza il presidente Rai Claudio Petruccioli - per il consiglio di amministrazione, per il suo presidente e per il direttore generale Meocci. Nessuno di noi è stato in alcun modo investito né ha avuto alcun sentore dell'esistenza di una simile questione; nessuno ci ha informati. La decisione comunque sia stata presa dalla direzione di Raiuno è assolutamente deplorevole». Saccà insomma - approfittando del vuoto che si è creato in Rai da quando il dgMeocci è in aspettativa per incompatibilità - avrebbe agito senza dire niente a nessuno, spostando fiction in accordo con il direttore di Raiuno e ridisegnando palinsesti a suo piacimento. Del Noce si difende come può: «Sono sbalordito dalle dichiarazioni di Petruccioli che utilizza un'interpretazione del direttore di Rai fiction per incolpare me. Non è vero che io non abbia informato il direttore generale». Le questione è bollente e la responsabilità rimbalza di mano in mano. «Non sono mai stato informato da nessuno della necessità di rinviare la fiction per la legge sulla par condicio - dice il dg Meocci in dribbling su Del Noce - Altro sono considerazioni generiche sulla programmazione e i palinsesti futuri che attengono peraltro alla responsabilità dei direttori di rete e delle strutture operative». Sandro Curzi non ci ha dormito la notte. Neppure l'Inter che soffia la Coppa Italia alla Roma ha regalato al consigliere laziale sonni tranquilli: «Siamo caduti tutti dalle nuvole perché credo che nessuno del cda fosse stato informato di una scelta di questo tipo». I consiglieri Urbani (in quota Fi) e Rognoni (Ds) la chiamano invece «polemica pretestuosa » e ribadiscono che le due puntate di Falcone saranno presentate in anteprima il 22 maggio nell'aula bunker di Palermo. Per la messa in onda su Raiuno bisognerà aspettare: «Si tratta di un prodotto ben riuscito, che farà sicuramente alti ascolti: è per questo che abbiamo deciso di programmarla in autunno», assicura Rognoni tentando di smorzare i toni. Carlo degli Esposti, che con la Palomar ha prodotto la miniserie diretta da Andrea e Antonio Frazzi (il regista di Certi bambini scomparso una settimana fa), ruba le parole al suo Montalbano: «la par condicio è una minchiata, ma questo è un lavoro che mi è costato più di tre anni, vorrei che avesse il giusto rilievo e l'audience autunnale, che fa più di 30milioni di spettatori». L'associazione Libertà e giustizia si indigna - «è una vergogna, equivale a uccidere due volte Falcone e Borsellino, la prima per mano della mafia e la seconda dalla tv di stato» - e lancia un appello alla Rai perché non rinunci alla messa in onda del 23 maggio. È d'obbligo anche per il candidato Udc e governatore uscente della Sicilia Salvatore Cuffaro non demolire la memoria dei due giudici proprio in campagna elettorale. «La fiction su Falcone non andava sospesa; assieme a Borsellino rappresenta un patrimonio di tutti», commenta il politico, sotto processo per favoreggiamento a Cosa nostra.