IMBROGLIO E PREGIUDIZIO

Coglioni e bimbi lessi, la strategia ha preso la mano all'inventore

CAMPAGNA ELETTORALE
TONELLO FABRIZIO,

La strategia di questa fase finale della campagna elettorale di Berlusconi appare incoerente e contraddittoria, come se avesse preso la mano ai suoi inventori. La ricetta con cui il leader di Forza Italia contava di rimontare il vantaggio del centrosinistra nei sondaggi era più sofisticata di quanto apparisse. Si trattava, infatti, di dettare i temi della campagna elettorale, rimobilitando gli stanchi e delusi sostenitori del centrodestra, mentre nello stesso tempo si convincevano gli elettori a basso reddito e a bassa scolarità (ma con una forte frequentazione televisiva) che, in fondo, Berlusconi era un leader accettabile, o almeno più simpatico di Prodi.
Per dettare i temi di cui discutere (le tasse e non il bilancio del governo, i crimini del comunismo e non le condizioni di vita degli italiani) Berlusconi aveva un'arma atomica a disposizione: la sua propria «follia». Come Amleto, Berlusconi simula una stravaganza assai più teatrale che non reale: l'uomo è forse disperato, e talvolta si lascia scappare una battuta, ma di norma c'è del metodo nei suoi colpi di scena.
Così, le litanie sui «bambini cinesi bolliti», l'andarsene dallo studio dell'Annunziata, il resuscitare di fronte agli industriali riuniti a Vicenza erano tutte scelte che servivano a dominare le prime pagine dei quotidiani e dei telegiornali. I riflessi servili dei giornalisti televisivi e l'ingenuità dei quotidiani vicini al centrosinistra hanno portato ad amplificare oltre misura le trovate quotidiane dello showman di Arcore. Non ci poteva essere spazio per nessuna discussione significativa perché la «mattana» del giorno (con il suo seguito di dichiarazioni e controdichiarazioni) doveva comunque oscurare tutto il resto.
La strategia di dettare i temi della campagna elettorale era, per Prodi, molto più pericolosa di quanto non apparisse: da un lato rimobilitava gli elettori di Forza Italia dando loro la sensazione che il 2006 fosse importante quanto e più del 1948, dall'altro confondeva gli elettori incerti e dubbiosi, tenendoli lontani da un centrosinistra che appariva nelle vesti di Francesco Caruso e Vladimir Luxuria, presentati come gli ultimi eredi dei genocidi del XX secolo. Il prezzo di apparire un leader inaffidabile e «sovversivo» non era, per il centrodestra, importante: l'ostilità dichiarata degli elettori di centrosinistra era data per acquisita e non modificabile.
Il piano ha cominciato ad ottenere effetti opposti a quelli voluti nel momento in cui Berlusconi ha dimenticato una legge bronzea delle campagne elettorali molto polarizzate: tendono a deprimere la partecipazione elettorale. Gli elettori ai margini del sistema politico, quelli che non seguono l'attualità se non con un occhio distratto ai telegiornali, vengono confusi dalla valanga di accuse e contraccuse, sono disgustati dal duello di personalità, diffidano ancora di più di entrambi i contendenti. Questo è grave per il centrodestra che ha bisogno di riportare a votare quei milioni di casalinghe e pensionati che, nel 2001, si erano fatti abbindolare dalla promessa di un nuovo «miracolo italiano». Gli elettori più militanti delle due coalizioni andranno a votare, in particolare quelli di sinistra, e quindi il centrodestra ha bisogno non solo di fare il pieno dei suoi, ma anche di conquistare gli incerti, oggi disgustati dalla politica. Questo la strategia delle «mattane» non lo può fare.
Il dare dei «coglioni» a metà degli italiani per incassare l'applauso della Confcommercio, il tentare di organizzarsi un monologo sulle reti televisive di cui è proprietario o il gridare al «regime» sono armi spuntate: una strategia comunicativa coerente avrebbe dovuto prevedere, da martedì mattina in poi, il silenzio stampa per valorizzare al massimo la promessa di abolire l'Ici lanciata a sorpresa lunedì sera. Così non è stato e la campagna si è avvitata su se stessa, creando ogni giorno un «caso» senza convincere nessuno.

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