L'Unione «deciderà a maggioranza sulla possibilità e la convenienza» di dare il via libera alle liste civiche, annuncia Romano Prodi. Che per parte sua «vorrebbe ma non può», riferiscono dal suo entourage lamentando «il solito strapotere dei partiti». Cioè della Margherita di Francesco Rutelli, capofila dell'ostracismo contro le liste civiche di cui si ergeva a paladino solo alla fine degli anni Novanta: insieme a Massimo Cacciari, il sindaco di Roma fu infatti tra i più accesi promotori di «Centocittà», nel nome della valorizzazione degli amministratori locali e della società civile, ma il cui nome fu presto storpiato in Centopadelle prima di confluire nell'Asinello prodiano. Quello delle liste civiche, «è un argomento già definito da tempo», taglia quindi corto Rutelli a ribadire il veto del suo partito. Ma sul tavolo dell'Unione pesano anche i no annunciati da Verdi e Pdci, il cui impegno per superare la soglia di sbarramento teme legittimamente anche pochi spiccioli che possono essere attratti dall'ulivismo in salsa civica. «Non ci sono né tensioni né problemi», mente il professore. Perché di tensioni ce ne sono eccome. Entro la prima parte della settimana la questione dovrebbe approdare sul tavolo dei leader dell'Unione- in forma di proposta avanzata dagli stessi patrocinanti le liste - per una decisione definitiva. Una decisione che secondo le previsioni dello stesso staff prodiano non dovrebbe però autorizzare altre deroghe tranne quella già concessa per la lista patrocinata dal governatore del Friuli Venezia Giulia, Riccardo Illy.
«Nel giudicare positivamente le dichiarazioni di Prodi sul nodo delle liste civiche precisiamo che il coordinamento nazionale ha da tempo avanzato alcune proposte - risponde il coordinatore nazionale delle liste civiche Roberto Alagna - Le avremmo discusse volentieri con l'Unione ma, fin qui, sono sempre mancati segnali di apertura». Prodi comunque non depone del tutto le speranze. Specie dopo che ieri i Ds hanno aperto un qualche spiraglio nel senso di una soluzione di compromesso: «Bisogna trovare un punto di equilibrio - dice Pierluigi Bersani - Tra il contributo che potrebbero apportare le liste civiche e il rischio di frammentazione del centrosinistra, che diventerebbe un altro problema politico». Insomma, spiega il pragmatico esponente della Quercia, «tutti lavorano per vincere, e non credo che nessuno rinuncerebbe per un egoismo di partito».
Il possibilismo Ds è l'elemento su cui maggiormente conta il professore per guadagnare «a maggioranza» qualche spazio per le liste civiche. Che poi sono anche gli spazi e i seggi parlamentari utili a un ulivismo meno condizionato dalle gerachie di partito, e magari capace di essere condizionate nel prossimo parlamento su base proporzionale in cui non ci saranno maggioranze schiaccianti. Perché sul piano politico la questione delle liste civiche riguarda precisamente il partito democratico e il suo processo di formazione: al quale la Margherita vuole approdare senza correre il rischio di simboli concorrenti che riducano ulteriormente il gap già ampio rispetto alla Quercia. Le formazioni civiche, infatti, pescano tendenzialmente più nel bacino elettorale Dl che in quello Ds. Di qui la rumorosa campagna da parte della Margherita contro i paladini delle liste civiche, accusati di minare anziché agevolare la costruzione del partito democratico, anche sulla base di ambizioni egotiche.