GUERRA

Sul Canale «Arte» Quattrocchi al lavoro a Baghdad

BERETTA GIANNI,ITALIA

Mentre in Italia tutti, anche a sinistra, si affannano a dedicare vie, piazze e parchi al povero cosiddetto «body guard», continuano a fare impressione le immagini di Fabrizio Quattrocchi in azione in Iraq come guardia di sicurezza pochi giorni prima del suo sequestro e della sua esecuzione. Mentre Paolo Simeone, che lo aveva ingaggiato, alla domanda se si consideri un mercenario risponde: «Mercenario mi sembra un po' una parolaccia; ma è quello che siamo; anche se è una parolaccia, secondo il dizionario è una persona che svolge un'attività militare contro pagamento; ed è quello che noi facciamo». Le sequenze di Quattrocchi armato che scruta Baghdad con un cannocchiale e l'intervista in inglese di Simeone, di pattuglia con lui, sono la parte finale di un lungo documentario trasmesso il 31 gennaio scorso dal canale francotedesco «Arte» (in Italia su satellite). Lo stesso della Televisione svizzera francese dal titolo «Guerrieri affittansi», in onda il 22 aprile del 2004 anche sulla Tv svizzera italiana (Tsi). Nel video è solo Simeone a farsi intervistare: «Bisogna essere molto discreti - dice - ma anche essere abbondantemente armati; per noi il problema è questo; è difficile nascondere un fucile d'assalto o una mitraglietta». E nel caso di attacco: «A volte rispondiamo al fuoco; altre fuggiamo; dipende; sparare è assai pericoloso perché ci sono molti civili...si corre il rischio di uccidere degli innocenti; e noi non ne abbiamo il diritto». Simeone, presentato come il responsabile della compagnia Presidium, mostra il fucile svizzero SIG 543 che ha in mano, dicendo di averlo trovato al mercato nero. «Mi piace viaggiare per il mondo, l'adrenalina - risponde alla domanda se gli piace il suo lavoro -; amo questo lavoro perché posso applicare tutte le mie conoscenze in situazioni reali...Mi riferisco al rischio; è questo che ci motiva tutti a fare il nostro lavoro, a cercare il pericolo; mettere la nostra vita in pericolo è il cuore del nostro business». E poi c'è la e-mail di proposta di reclutamento in Iraq inviata da Simeone all'«agente di sicurezza», l'amico Davide Giordano che gli aveva mandato il curriculum da Genova e che alla fine non si arruolerà. Si parla di «training alla polizia locale»; di servizio di body-guard a «Vip locali (politici o giudici) e italiani (dell'ambasciata, di ditte e organizzazioni)»; di «controllo armato a pipelines e linee elettriche»; per «un salario di seimila euro al mese, più vitto e alloggio»; con addestramento sul posto di tre giorni a sei tipi di armi (specificate). E Simeone aggiunge via e-mail: «Mi hanno dato carta bianca per la scelta del personale, non tanto perché si fidino di me ma perché il personale è finito, e posso prendere specialisti dal mercato dei free-lances». Dopo quasi due anni, nessuna tv italiana (Canale 5 trasmise un breve flash) ha mai trasmesso le dichiarazioni di Simeone che dice: «E' difficile lavorare qui; bisogna mantenere un profilo molto basso; ma nello stesso tempo occorre essere armati fino ai denti e pronti a sparare; oggi l'Iraq è il centro degli affari per chi si occupa di sicurezza; parliamoci francamente: questo è il posto giusto e il momento giusto per far soldi; il business è davvero grande; sono molte le agenzie di sicurezza venute ad operare qui, e circola molto denaro; non potevo rinunciare; anche se ho tanta paura».

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